Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

«Il cibo è roba per ricchi» Parola di Wolf Bukowski

Fonte: L'Unione Sarda
4 settembre 2015

Marina Cafè Noir L'incontro con l'autore questa sera al Terrapieno di Cagliari 

C 'è una parte del mondo che si preoccupa ogni giorno di portare a tavola il cibo migliore disponibile sul mercato e, lasciandosi affascinare dalla narrazione di cui la grande distribuzione si avvale, di garantirsi una dieta che assicuri salute, longevità e piacere. Ce n'è un'altra, invece, che ha come unico problema quello di potersi alimentare. All'origine di entrambi i bisogni c'è la politica che «spostata su un asse iperliberista, si cura del profitto di pochi, restringe le libertà individuali e crea situazioni di sfruttamento e precarietà lavorativa».
A sostenerlo è Wolf Bukowski (nato in Germania nel 1971), guest blogger del sito dei Wu Ming, “Giap”. Attraverso la scrittura si dice impegnato nel tentativo di difendere i territori (vive sull'Appennino tosco-emiliano) dall'aggressione dei poteri economici. Ha espresso la sua contrarietà alla Tav, per dirne una. Alla dimostrazione di quanto sia illusoria la libertà di consumare che pervade i più, ha interamente dedicato il libro “La danza delle mozzarelle. Slow food, Eataly, Coop e la loro narrazione” (edizioni Alegre). Ne parlerà stasera (ore 20) col pubblico di Marina Cafè Noir a Cagliari. Come chiarisce il sottotitolo del volume, la critica investe in particolare associazioni ed aziende che, legate al mito del cibo di qualità, hanno via via tradito, avvantaggiandosi del supporto della politica e delle logiche del «turbo-capitalismo», le finalità solidaristiche e di tutela ambientale all'origine della loro istituzione.
Dunque non è vero, come si dice, che votiamo ogni volta che andiamo al supermercato?
«Nel mio libro cerco di dimostrare quanto questa affermazione sia falsa. Le scelte del supermercato sono determinate. Non siamo liberi rispetto a strutture di mercato che ci contengono. Siamo vittime, come lavoratori e consumatori, di processi che vengono decisi molto lontano. Facile osservarlo per Eataly (Farinetti è un personaggio sovraesposto che non gode di troppe simpatie) o per la Coop, la più grande azienda della distribuzione organizzata. La critica è più scivolosa quando investe Slow food».
Perché?
«Ciò che rimprovero all'associazione, al di là di alcune iniziative apprezzabili, è il fatto di aver contribuito al gioco. Non si dimentichi che il più grande distributore dei suoi prodotti è Eataly, una catena che si serve del feticcio della tipicità per aumentare il prezzo di ciò che vende. A Slow food contesto ancora di aver usato nella sua narrazione parole che hanno a che fare con concetti di trasformazione sociale e di averli proposti in processi individuali. Ti invita, per esempio, a fare la rivoluzione a tavola. Impossibile, perché non c'è libertà di scelta su processi produttivi che portano il cibo sulla tavola».
I consumatori come possono opporsi a questo sistema?
«Il boicottaggio non serve. Faccio fatica a immaginare che, soprattutto in contesti urbani, si possa costruire un menù completo acquistando direttamente dal produttore. È necessario favorire un mutamento politico che incoraggi produzione e consumazione in loco. L'Ue - mi ritengo ciononostante un europeista e considero antistorico il ritorno agli Stati nazionali - ha finora fatto una scelta opposta. L'ottica locale va bene per il cibo. Il problema delle politiche alimentari va però affrontato in maniera globale».
Il suo impegno è rivolto anche alla tutela dei territori. Ha osservato il paesaggio dell'Isola? Cosa pensa di pale eoliche, serre fotovoltaiche, di possibili trivellazioni alla ricerca di gas?
«Non conosco bene la situazione. È sufficiente chiedersi se la produzione di energia da fonti alternative risponda realmente a esigenze della popolazione o se invece sia tesa a soddisfare il profitto individuale. Me lo chiedo a proposito dei trasporti che dovrebbero essere gestiti dal pubblico nel pieno interesse del pubblico. In Italia abbiamo una rete ferroviaria fantastica ma sottoutilizzata. Potrebbe essere il modo più intelligente dal punto di vista energetico per trasportare persone. Scelte economiche e politiche hanno finora privilegiato, in un'ottica privatistica, le tratte dell'alta velocità che producono maggiore profitto».
Manuela Arca