Centinaia di persone hanno sfilato da viale La Plaia sino ai cancelli del Municipio
In serata sono partiti in undici
Era nell'aria da qualche giorno: l'emergenza migranti a Cagliari somigliava a una bomba a orologeria pronta a saltare in aria da un momento all'altro. L'esplosione ieri mattina con la clamorosa protesta sfociata in un corteo di duecento persone - tra loro tante donne, alcune incinte, e bambini anche piccoli - partito da viale La Plaia e terminato con l'occupazione di via Roma e un presidio sotto i portici, davanti all'ingresso del Municipio. Per mezz'ora ci sono stati anche disagi per il traffico, rimasto in parte bloccato.
«Vogliamo la libertà. Vogliamo andare via da qui. Lasciateci andare a Roma», hanno urlato, sventolando alcuni cartoni, quelli usati come giacigli, con scritte in inglese. Il tutto sotto gli occhi un po' sorpresi dei tanti turisti presenti in città e dei crocieristi sbarcati dalla nave della Msc attraccata al porto di Cagliari ieri mattina.
TRATTATIVE ESTENUANTE La zona è stata blindata da Polizia e Carabinieri. Dopo alcune ore di trattative estenuanti condotte dal questore vicario Ferdinando Rossi e da diversi dirigenti della Questura, si è arrivati a un accordo, sancito prima sotto i portici di via Roma e poi nei locali della mensa della Caritas di viale Sant'Ignazio: circa sessanta migranti, tutti di nazionalità eritrea a parte un gruppetto di giovani del Sudan, hanno accettato di rientrare nei centri di accoglienza che li ospitavano nelle altre province sarde, con la promessa di poter lasciare, nei prossimi giorni, a scaglioni, l'Isola.
I RIBELLI Non tutti però hanno accolto la proposta. I ribelli, più di cento, si sono allontanati da viale Fra Ignazio dove, nel primo pomeriggio, sono arrivati i pullman per accompagnare i migranti nei vari centri di accoglienza a Oristano e Nuoro. Il gruppo più numeroso si è così riversato nuovamente in piazza Matteotti nella speranza di potersi imbarcare sul primo traghetto utile per Civitavecchia. Dopo una verifica dei posti a disposizione sulla nave in partenza alle 19, sono stati fatti salire in undici.
NO AL FOTOSEGNALAMENTO Il timore dei migranti eritrei è che il ritorno nei vari centri di accoglienza possa coincidere con un nuovo tentativo di sottoporli a fotosegnalamento. «Non vogliamo lasciare le nostre impronte digitali». Il motivo è semplice. I migranti sanno che se dovessero completare l'iter ufficiale dell'identificazione sarebbero legati all'Italia: se dovessero essere fermati per un controllo in altri paesi europei sarebbero rimandati nel luogo dell'identificazione, dunque in Italia.
IL PRECEDENTE Del gruppo di migranti arrivati il primo agosto nel porto di Cagliari a bordo della nave della Marina militare tedesca che li ha soccorsi al largo delle coste della Libia, circa centoventi sono riusciti a lasciare la Sardegna mercoledì e venerdì scorsi, imbarcandosi su due traghetti. Poi lo stop: le navi in partenza da Cagliari non avevano posto. E poi queste partenze - con i “riconoscimenti” provvisori firmati dalla Questura - non sarebbero state particolarmente gradite a Roma. Anche due mesi fa c'era stata un'altra clamorosa protesta con circa duecentocinquanta migranti che avevano occupato l'ingresso del porto dal varco dogana . Anche in quella occasione gli stranieri si erano rifiutati di lasciare le impronte digitali e di farsi fotosegnalare. A piccoli gruppi erano stati poi fatti salire, con regolare biglietto, sui traghetti della Tirrenia. Da quando sono iniziati gli sbarchi, fanno sapere fonti della Caritas, sarebbero poco meno di mille i migranti ad aver lasciato la Sardegna senza farsi fotosegnalare.
IL SILENZIO DELLA POLITICA In questi due mesi di arrivi, le forze dell'ordine (soprattutto la Polizia, con gli uffici dell'Immigrazione e della Scientifica costretti a un super lavoro) hanno dovuto moltiplicare le forze per occuparsi dei migranti, anche quando con le proteste la situazione è diventata un problema di ordine pubblico. Ha fatto molto rumore invece il silenzio delle istituzioni e della politica. Nessuna assistenza ai migranti che hanno trasformato piazza Matteotti in un gigantesco campo profughi all'aperto. Nessun impegno per cercare di trovare una soluzione a questa emergenza. Solo silenzio, a tutti i livelli, dopo le passerelle al porto durante gli arrivi dei migranti.
Matteo Vercelli