TEATRO LIRICO. Il sindaco: al mio posto l'ex procuratore Mario Scano
Il giudice delle indagini preliminari lascia Massimo Zedda sulla poltrona di presidente del Teatro lirico: sarebbe «contraddittorio ritenere» che non possa svolgere quella funzione e contemporaneamente mantenere «quella di sindaco». Ma poche ore dopo è lo stesso primo cittadino a dimettersi e indicare come suo sostituto Mario Scano, magistrato della Corte dei conti in pensione, il quale a suo dire garantirà il «corretto utilizzo delle risorse pubbliche» nell'ente, «la mia costante preoccupazione nell'amministrare non solo il Comune, ma anche ogni Ente del quale il Comune è parte».
È racchiusa in queste due iniziative la giornata che ha indirizzato l'immediato futuro della Fondazione, da mesi in burrasca per le frizioni tra primo cittadino e vecchio consiglio d'amministrazione e, ultimamente, alle prese con la bocciatura da parte del nuovo consiglio di indirizzo di Angela Spocci, che aveva sostituito quale sovrintendente Mauro Meli. Già sotto processo per aver affidato nel 2012 quest'incarico a Marcella Crivellenti (abuso d'ufficio la contestazione della Procura: quel nome non era tra quelli delle persone che avevano partecipato alla manifestazione di interesse), Zedda era stato messo nuovamente sotto accusa lo scorso dicembre dal pm Giangiacomo Pilia, già titolare della prima inchiesta, per i comportamenti ritenuti «ostruzionistici» contro la guida di Meli, che aveva assunto l'incarico un anno prima. Gli sviluppi dell'indagine due mesi fa avevano spinto gli inquirenti a chiedere anche l'interdizione del sindaco dalla carica di presidente del Lirico.
Alla base della domanda, diciassette ipotesi di abuso d'ufficio legate ad altrettante iniziative che, secondo il pm, avevano come fine principale allungare i tempi, complicare e mettere in cattiva luce il lavoro di Meli. Tesi sviscerate nell'interrogatorio dello scorso 21 luglio davanti al gip Lucia Perra, durante il quale non erano mancati gli scontri verbali tra il pm e Zedda (assistito dai legali Giuseppe Macciotta e Fabio Pili) ed era stata depositata una memoria difensiva di circa 140 pagine. Per cinque ore e mezzo il primo cittadino aveva negato di aver procurato danni al Lirico col suo comportamento e respinto le accuse dei quattro componenti del cda Gualtiero Cualbu, Maurizio Porcelli, Giorgio Baggiani e Giovanni Follesa alla base della nuova indagine nei suoi confronti.
Tre settimane dopo, è arrivata la decisione. Nelle otto pagine depositate sabato mattina il giudice elenca le imputazioni formulate dal pm, riassume natura e funzionamento delle Fondazioni, la cui presidenza «è attribuita al sindaco del comune nel quale essa ha sede», e spiega: per il codice di procedura penale l'ineleggibilità «deriva da una condanna definitiva» o, per reati contro la pubblica amministrazione, anche non definitiva. Ma la misura interdittiva «non si applica agli uffici elettivi ricoperti per diretta investitura popolare». Quindi il sindaco, la cui nomina «è espressione della volontà popolare», non può essere destinatario «di una misura simile». E per il presidente della Fondazione «non sembra potersi giungere a una conclusione diversa». L'interdizione «appare strutturalmente inidonea a inibire al sindaco lo svolgimento delle funzioni di presidente della Fondazione, posto che tale incarico non consegue a una sua iniziativa personale» ma «è diretta conseguenza del mandato fiduciario conferitogli dagli elettori». Non solo: «Sarebbe contraddittorio ritenere che il sindaco possa essere interdetto dalla funzione di presidente della Fondazione» per il fatto che il pm gli contesti (è questo il caso) una «personalità dispotica e accentratrice» e la capacità di violare più volte la legge, e tuttavia ammettere che «possa proseguire a svolgere il mandato» di primo cittadino «e ogni altro incarico a esso direttamente collegato». Quindi, no all'interdizione. Il pm deciderà se fare ricorso.
Andrea Manunza