Alla Mem di Cagliari da ieri una mostra contro i tabù
di Sabrina Zedda
CAGLIARI E’ una serata qualunque del 1987 quando in Canada, in un bar frequentato da gay, qualcuno avvista l’arbitro di calcio olandese John Blankenstein. La sua omosessualità non è un segreto, ma quella sera lo sportivo indossa gli abiti della Fifa. E la cosa crea imbarazzo. Al punto che nel 1990 la sezione svizzera della Federazione internazionale del calcio decide di cancellare lo sportivo dalla lista per i mondiali. L’episodio non è un caso isolato, perché ieri come oggi se c’è un segmento della vita sociale in cui l’omosessualità è vista come qualcosa di anormale questo è più d’ogni altro lo sport. Per combattere il pregiudizio e rimettere al centro l’uomo e la sua dignità, sino al 30 maggio negli spazi della Mediateca del Mediterraneo è visitabile “Contro le regole: gay e lesbiche nello sport”, la mostra inserita tra le iniziative della Queeresima (quaranta giorni per parlare e riflettere sui diritti e le condizioni di gay, lesbiche, bisessuali e transessuali), inaugurata ieri. Finanziata dalla Commissione europea, sotto il programma “Cittadinanza e diritti fondamentali”, l’esposizione arriva in Sardegna dopo essere stata in giro per l’Europa e, dal 2012, in Italia. Attraverso 36 pannelli viene ripercorsa, una dopo l’altra la vita, dei grandi campioni dello sport usciti allo scoperto di propria iniziativa o, emarginati, quando il proprio orientamento sessuale “non in linea” diventava di dominio pubblico. La storia non è allora solo quella di John Blankenstein, uno tra i primi (era il 1980) a fare coming out. In questa carrellata allestita in collaborazione dall’Arc (l’associazione che si batte per i diritti degli omossessuali) e la Uisp (Unione italiana sportiva) si incrocia anche la vicenda di Justin Fashanu, il grandissimo calciatore inglese che rese pubblico il suo orientamento sessuale nel 1991. Quella di Martina Navratilova, considerata la migliore tennista di tutti i tempi: la sua carriera subì un arresto nell’81, dopo che un giornalista aveva reso note le sue confidenze sulla storia d’amore con una scrittrice. E’ ripercorsa anche la vicenda del body builder Bob Paris che da adolescente, scoprendosi gay, tentò con l’alcool e la droga di soffocare un istinto irreprimibile. Che dire poi della storia, capace perfino di far sorridere, della tennista statunitense Billie Jean King? Nel 1973 il mondo assistette incredulo alla sua vittoria sul campione di Wimbledon Bobbi Riggs, convinto che qualsiasi uomo potesse battere qualsiasi donna e che l’inferiorità sportiva delle donne era tale da togliere a queste persino il diritto agli stessi premi in denaro degli uomini. Storie di vite difficili in passato, quando il pregiudizio era molto più forte, che in questa esposizione si accompagnano anche a tanti curiosi aneddoti e notizie. C’è per esempio l’elenco dei “pionieri”, cioè dei protagonisti dello sport che decisero di non nascondere i propri gusti sessuali. C’è una sintesi (il titolo, “Tristemente”, la dice tutta) dedicata agli episodi di emarginazione più vergognosi. I dati della mostra si fermano al 2012, ma da allora molto altro è successo: in bene (il coming out durante le ultime olimpiadi del tuffatore Tom Daley, o il matrimonio con la compagna di una vita della tennista Amelie Mauresmo) e in male (come l’infelice uscita del presidente della lega calcio dilettanti che qualche giorno fa ha apostrofato lesbiche le calciatrici). «Questa mostra- ha detto Lorenzo Durzu dell’Usip- è il nostro modo di intendere lo sport: non solo una prestazione fisica ma anche uno strumento di educazione e formazione, rivolto soprattutto ai giovani». Come a dire che le infelici uscite di giorni fa lasciano il tempo che trovano, anche se c’è ancora da rimboccarsi le maniche.