Il concerto
P erdonare a un esecutore qualche sbavatura e imprecisione? Certo, si può fare, e volentieri. Soprattutto se dimostra di essere, comunque, un fuoriclasse. D'altronde, «suonare una nota sbagliata è insignificante, suonare senza passione è imperdonabile»: a dirlo è stato Beethoven. E la passione non è davvero mancata nell'interpretazione del suo Concerto in Re maggiore per violino e orchestra op. 61, della giovane violinista di origine russa Alena Baeva, per il decimo appuntamento con la Stagione concertistica del Teatro Lirico di Cagliari.
Assolutamente a suo agio sul palco, con il magnifico suono del violino Stradivari “Molitor”, costruito a Cremona nel 1697, la Baeva ha dato sfoggio, nonostante qualche evidente calo di concentrazione, di grande padronanza tecnica e raffinatezza nelle scelte interpretative. Confermando così la definizione data di lei dal violista Yuri Bashmet: «Alena è una straordinaria violinista».
Il secondo movimento, in particolare, nonostante la lentezza dell'esecuzione, si è rivelato uno scrigno di colori perfettamente dosati nelle nuance tra il pianissimo e il mezzoforte. Così come di attacchi morbidissimi, elegante fraseggio e suono rotondo, ben centrato e mai spinto. Ad accompagnarla un'Orchestra del Lirico in discreta forma, guidata dal gesto chiaro ed efficace del turco Cem Mansur. La serata, dedicata a Beethoven, è proseguita con l'Ouverture dall'opera Fidelio e l'Ottava Sinfonia in Fa maggiore op. 93. Accolta con scetticismo fin della prima esecuzione a Vienna nel 1814 quando, pare, qualcuno dal loggione gridò: “Ecco che è di nuovo privo di idee!”.
Luisa Sclocchis