Ventisette anni fa il rogo che mise fine a Cagliari a un periodo d'oro della prosa e della musica
Da stasera il teatro cagliaritano torna a vivere
«I cagliaritani della vecchia generazione avrebbero certamente il diritto di piangerci sopra». Cominciava così il corsivo che l'Unione Sarda del 6 marzo 1983 pubblicava a pagina 4, a commento di un lungo pezzo di cronaca firmato da Giovanni Puggioni sul rogo che nella notte di sabato 5 aveva aggredito il teatro.
Sì, avevano da piangere e ancora non sapevano quanto sarebbe stato lungo, il rimpianto di quel palco dove negli anni si erano succeduti attori come Eduardo De Filippo e Vittorio Gassman, musicisti come Uto Ughi, Dino Ciani e Severino Gazzelloni e i più grandi della lirica, oltre ai nomi illustri di Jazz in Sardegna, protagonista di una stagione indimenticabile. A volte gli eventi danno il senso del tempo più delle date, e allora diciamo che il giorno che diede la notizia dell'incendio, l'Unione in prima pagina parlava del sedicesimo congresso del Pci concluso dalla relazione del segretario Berlinguer («Per l'alternativa mano tesa ai socialisti - All'interno poco spazio per il dissenso»), annunciava l'apertura del processo per il caso Manuella e di quello per la colonna sarda delle Br e si interrogava sull'esito delle elezioni nella Germania federale (per la cronaca, le avrebbe stravinte Kohl). E siccome ci sono cose che non tramontano, due titoli del taglio basso declamavano: «Il Cagliari cerca a Torino il punto della tranquillità» e «Per otto mesi la “limba” ha dormito in un cassetto». Pare roba d'antiquariato, quel rogo che ebbe spazio nella cronaca del capoluogo per tre giorni, eppure si può dire che ha smesso di fumare solo oggi. E viene da sorridere leggendo le preoccupazioni del cronista dell'82: «Per poter riaprire il locale in condizioni accettabili dovrà trascorrere molto tempo e occorreranno sicuramente decine di milioni». C'è voluta grosso modo una generazione, e quanto ai milioni ne sono serviti quasi otto. Solo che nel frattempo l'euro ha preso il posto della lira, così come il Pd ha preso il posto del Pci, la Germania unita ha rimpiazzato quella federale e la limba non è che faccia scintille.
Quelle fiamme in realtà non ustionarono un punto vivo del tessuto culturale cagliaritano. Da anni il Massimo era chiuso, dichiarato inagibile per l'inadeguatezza dell'impianto elettrico e bloccato come un insetto nell'ambra da una lunga vicenda amministrativa: «Il teatro - ricordava Puggioni - sarebbe già stato demolito dai proprietari e trasformato in un moderno edificio a più piani (...) se il Comune due anni fa non avesse bloccato le ruspe rivendicandolo agli interessi culturali della città». Ottima iniziativa, ma condannata a restare per quasi tre decenni allo stadio delle buone intenzioni. Di certo il piromane - nell'articolo gli investigatori parlavano di cinque focolai ed escludevano un evento accidentale - mandò in fumo ogni possibilità di ripresa degli spettacoli dopo l'apertura provvisoria nell'81, concessa per un'unica serata. Quasi un bacio della buonanotte prima di un lungo sonno burocratico che l'incendio trasformò in letargo. Stasera, una generazione dopo, il Massimo riapre i battenti con il teatro circense di Slava's Snowhow . Le poltroncine verdi e azzurre hanno rimpiazzato quelle mangiate dal fuoco e dalla muffa, il cristallo delle teche protegge le cisterne romane venute alla luce durante il restauro, un sipario nuovo è pronto a schiudersi secondo i ritmi che per gli imprimerà la stagione di prosa del Teatro Stabile della Sardegna.
Per il futuro meno prossimo vedremo, si parla di una fondazione che potrebbe aprirsi a contributi di privati ma è un'ipotesi che va ancora esplorata fino in fondo. Con calma, ma non troppa: c'è da recuperare una lunghissima stagione di cultura, andata in fumo e in polvere quando ancora lo Stato lottava con le Br, Cagliari si divideva sul caso Manuella e la limba dormiva in un cassetto.
CELESTINO TABASSO
24/02/2009