LUNEDÌ, 23 FEBBRAIO 2009
Pagina 19 - Cronaca
Quattro anni di sconfitte sul fronte giudiziario per la Regione e ora l’attesa per un ricorso presentato dagli ecologisti nel 1999
Ma al di là degli aspetti strettamente legali il caso del colle punico è diventato nazionale ed è cresciuta la sensibilità per la sorte del sito
CAGLIARI. A chi ha lottato in questi anni perchè attorno alla necropoli punico-romana di Tuvixeddu non nascesse un complesso edilizio resta una sola speranza: il giudizio del Tar sul ricorso presentato dagli Amici della Terra nel 1999. Qualsiasi altra iniziativa legale promossa dalla Regione guidata da Renato Soru si è arenata nelle sabbie della giustizia amministrativa. Ma se gli avvocati hanno perso, un risultato è comunque arrivato: è cresciuta verticalmente la sensibilità per la sorte del sito archeologico.
Tuvixeddu è diventato un caso nazionale, la controversia tra Nuove Iniziative Coimpresa e l’amministrazione Soru ha interessato i grandi quotidiani e i settimanali, la tivù di stato e quella privata. Così, se fino a quattro anni fa di quelle tombe abbandonate si parlava solo nei ristretti circoli culturali della città, oggi l’esistenza dell’area sepolcrale punica più grande e ricca del Mediterraneo è un dato di conoscenza diffuso. A confronto però non sono le opinioni di chi vorrebbe farne un’oasi culturale e di chi al contrario è impegnato a edificare ancora nelle aree vicino alle tombe. I giudici sono chiamati a decidere soltanto sui documenti autorizzatori, sulle carte in base alle quali nell’estate del 2000, fra le proteste di archeologi e ambientalisti, il comune di Cagliari e la Regione firmarono l’accordo di programma con Coimpresa. Ridimensionato il progetto, quel patto era e resta il via libera ultimo alla realizzazione del nuovo quartiere a Tuvixeddu. Un patto che fino ad oggi ha retto a tutte le iniziative giudiziarie avviate dalla Regione, compreso il tentativo di applicare le norme del Codice Urbani per rimetterne in discussione ogni aspetto. L’accordo di programma però è strettamente ancorato a un nullaosta paesaggistico, in assenza del quale niente potrebbe essere edificato sul colle della necropoli. Ed è proprio sulla legittimità di quel nullaosta che gli Amici della Terra, attraverso lo studio dell’avvocato Carlo Augusto Melis, hanno proposto le proprie riserve al Tar. La legge prevede infatti che quel tipo di autorizzazione sia valida soltanto se sostenuta da tutti i pareri obbligatori. In questo caso ne manca uno, quello della sovrintendenza architettonica. Non c’è e non è stato neppure richiesto. Se n’erano accorti gli ecologisti dieci anni fa, il vizio di legittimità è stato confermato appena l’estate scorsa dall’ex sovrintendente architettonico Martino. I soli a scegliere altre strade - poi rivelatesi tutte perdenti - per arrivare al blocco dei cantieri Coimpresa sono stati i consulenti legali esterni della Regione. Ecco dunque che se nelle prossime settimane il Tar dovesse accogliere quel ricorso del 1999 e l’accordo di programma dovesse di conseguenza tornare in discussione, salterebbe fuori una situazione paradossale: quasi quattro anni di costosissime battaglie legali condotte dall’amministrazione regionale si confermerebbero inutili di fronte all’iniziativa in quei tempi isolata di un’associazione ecologista assistita da un avvocato locale. Per questo la prossima decisione del Tar acquista un significato e un’importanza che va oltre la questione Tuvixeddu in sè, perchè darebbe un riconoscimento enorme a chi dieci anni fa conduceva la battaglia contro l’edificazione del colle nell’indifferenza generale e contro gli stessi e poco lungimiranti amministratori di allora. (m.l)