Renzi taglia, per la mobilità in deroga mancano 174 milioni
Per pagare gli assegni ai 17.373 sardi che ne hanno diritto servirebbero più o meno 202 milioni di euro.
Dalla Regione ne sono arrivati 28, ne mancano 174. I fondi stanziati sono stati utilizzati per pagare le prime due mensilità del 2014 al 40 per cento dei beneficiari. Poi il buio. Da 13 mesi.
Ma spiegato solo con i numeri, il problema dei sardi in mobilità in deroga - parte dei circa 70 mila sardi che vivono di sussidi - non rende l'idea. Perché dietro ogni numero ci sono persone e famiglie senza soldi per campare. Uomini e donne che ogni giorno bussano alle porte dell'Inps, di un Csl o un Cesil, di un sindacato o dell'Agenzia del lavoro e chiedono quando arriveranno i fondi. Sentendosi dare risposte evasive, le uniche possibili.
Soldi non ce ne sono né in Sardegna né nelle altre regioni perché il Governo nel 2014 ha tagliato inopinatamente tutti i fondi. Infatti tutti gli assessori al Lavoro d'Italia hanno una postazione fissa dietro la porta dell'ufficio del ministro Giuliano Poletti e bussano a quattrini.
L'assessore regionale al Lavoro Virginia Mura dice che la Regione lavora ogni giorno per risolvere il problema e che il 25 marzo, mercoledì, potrebbero esserci novità. «Siamo pronti a stanziare fondi nostri ma senza il via libera da Roma non può accadere nulla perché si tratta di una materia delegata sulla quale non abbiamo competenze dirette», spiega Mura.
Dall'opposizione ma anche da pezzi della maggioranza e dai sindacati piovono critiche. I consiglieri del gruppo Sardegna Vera - il socialista Raimondo Perra, Gaetano Ledda (Upc), Efisio Arbau (La Base), e Michele Azara (Idv) - hanno presentato un'interrogazione per chiedere agli assessori al Lavoro e alla Programmazione «quali procedure tecniche intendono adottare per risolvere la drammatica situazione ed entro quali termini saranno disponibili i fondi». Edoardo Tocco (Forza Italia) chiede che «la Regione convochi subito un tavolo per restituire ai lavoratori svantaggiati le risorse finanziarie utili per andare avanti nella loro precarietà. Si anticipino i pagamenti sulla mobilità».
Mura giudica le critiche, soprattutto quelle della maggioranza, ingenerose: «Ci stiamo occupando di questa vicenda con tutte le nostre forze e ci stiamo contrapponendo duramente al governo nazionale, per ora in un clima di leale collaborazione, poi vedremo», spiega.
Dalla sede regionale della Cgil, Caterina Cocco trasferisce la frustrazione delle centinaia di persone che ogni giorno si rivolgono al sindacato: «La situazione è gravissima perché non ci sono i soldi del 2014 né quelli del 2015», spiega. «Nel frattempo il primo settembre dello scorso anno per effetto del decreto Poletti emanato il primo agosto sono fuoriusciti dal sistema delle protezioni 4083 lavoratori che non avranno più nessuna protezione».
Quel decreto ha tolto ogni forma di reddito ad Alessandra Veroni, 41 anni, due figli, single: «Lavoravo in una cooperativa che da 14 anni progettava impianti ad energia rinnovabile», racconta. «Poi sono cambiate le leggi e sono arrivati quei decreti che hanno inquinato il mercato aprendo alle devastazioni che conosciamo. I nostri clienti hanno chiuso e non ci hanno mai pagato. Così noi, azienda sana, abbiamo dovuto chiudere. Ed eccomi qui senza reddito». Alessandra collabora con la Cgil e vede ogni giorno decine di persone disperate. «Il problema col quale ci cimentiamo ogni giorno non è solo la mancanza di fondi ma anche l'assenza di chiarezza. Le persone brancolano nel buio, l'Inps è in stato confusionale per carenza di personale».
C'è un altro problema: arretrati a parte, che cosa faranno le persone in mobilità in deroga che non hanno o non avranno più diritto agli aiuti? Per circa tremila di loro che sono vicini alla pensione la Cgil sostiene di aver proposto alla Regione di concedere un prestito che consenta di pagare i contributi previdenziali mancanti da restituire a rate nel momento in cui si matura l'assegno dell'Inps. Poi serve una seria formazione professionale, una clausola sociale negli appalti che preveda incentivi alle aziende aggiudicatrici di appalti pubblici che assumono ex cassintegrati, il reddito di inclusione sociale, almeno per i casi più disperati.
L'assessore dice che non sono idee del sindacato ma sue. «Il microcredito previdenziale è una nostra idea e la finanzieremo con fondi europei, nei prossimi giorni ufficializzeremo la notizia», anticipa. «Inoltre con le misure di flexicurity recuperiamo parte dei giovani e li reinseriamo, quanto alla premialità alle imprese che assumono ex cassintegrati o ex lavoratori in mobilità ci stiamo lavorando».
Ma all'ottimismo dell'assessore fa da contraltare il pessimismo delle persone. «La mia generazione è bruciata, non c'è ancora un sistema di reinserimento e di formazione», si rammarica Veroni. «I Csl servono solo per compilare schede di lavoro, mancano strumenti di orientamento. La crisi è drammatica ma ancora peggio è la mancanza di prospettive. Se anche oggi arrivasse una classe politica illuminata ci vorrebbero decenni per sistemare le cose. In Italia, e in Sardegna in particolare, non funziona nulla, la ristrutturazione deve essere radicale. Questa, mi creda, è una terza guerra mondiale e per ora ci sono solo i caduti».
Fabio Manca