Niente scaramanzia: «A metà pomeriggio ero sicuro di vincere»
di ENRICO PILIA
«U-go, U-go», il coro è una torcida, è liberatorio, è la musica che il candidato del centrodestra voleva sentire, alla fine della corsa. La tensione, lo scoramento del primo pomeriggio lascia spazio, senza fretta ma inesorabilmente, all'aggancio e al sorpasso, fino al distacco. «Ho dovuto rincuorare i miei, qui, nei corridoi», confessa Ugo Cappellacci alle 22, «perché l'aria non era buona».
LA TENSIONE Sì, i primi numeri non erano beneauguranti, per il leader del centrodestra, tenuto sotto da un avversario temuto, da queste parti, e rispettato nonostante i toni aspri della campagna elettorale. Ma alle 23.30 la certezza di aver conquistato Villa Devoto - sarà questa la nuova casa del presidente - è palese, si respira nell'aria della sede di Palazzo Doglio: «Fatemi almeno vedere come è fatta», dice Cappellacci, «non conosco Villa Devoto».
Caldo, ressa, c'è chi esulta e chi continua a informarsi, a chiedere «quanto siamo?», qualcuno non crede che la strada sia in discesa, una volata ripida verso il traguardo. Candidati, parlamentari, gli uomini del (futuro) presidente, la gente che ha tifato (e votato) per Cappellacci, la nuova corte del dopo Soru, giornalisti e cineoperatori, giovani in giacca e cravatta e donne più informali, lo scenario è una grande sala d'attesa dove tutto, prima di mezzanotte, continua a succedere. Boati, abbracci, le nerborute guardie della vigilanza che presidiano ogni angolo, perché la pressione non si trasformi in qualcosa di fastidioso. Ma è la rivoluzione delle urne l'unico tema che mette insieme gli sconosciuti, nei corridoi della fortunata sede di vico Logudoro: «Adesso tocca a noi».
L'AGENDA Cappellacci sente che la vittoria è lì, a un passo. Gli hanno riferito degli auguri di Renato Soru al prossimo presidente, non commenta ma sottolinea: «Soru ha perso perché i sardi non gli hanno più creduto, hanno certificato il fallimento del suo governo». Non poteva dimenticarsi di Silvio Berlusconi, di un premier che non si è certo risparmiato in questa operazione: «Per me sarà una grande risorsa, l'ho sentito, mi ha fatto gli auguri di buon lavoro. I sardi sappiano che i due governi, quello regionale e quello nazionale, lavoreranno insieme, vicini, d'accordo».
Ha in mente le scadenze, gliele strappano a fatica perché non vuole indossare l'abito nuovo, quello di presidente dei sardi, fino alla sentenza inappellabile dei numeri. Però ammette: «Voglio tornare nei luoghi che ho visitato, voglio ricordare ai sardi i miei impegni, dialogherò con tutti». È il primo pensiero, all'interno c'è anche una dedica: «Devo occuparmi subito delle migliaia di famiglie sarde, quasi una su tre, che vivono sotto la soglia di povertà», e aggiunge: «penso anche alla mia famiglia, che ho trascurato e che dovrò vedere sempre meno».
LA FAMIGLIA Già, la nuova first lady - Cristina - e i tre figli, che ha voluto raggiungere alle 20 e con loro ha trascorso un pezzo della serata: «Ho trovato i miei figli con magliette e cappellini, stavano facendo il tifo per me», la voce si incrina ed è l'unico segnale di cedimento, del tutto privato, in una lunga, incessante festa collettiva dove lui, il festeggiato, resta calmo, impassibile, quella coriacea moderazione che - dicevano i pessimisti - poteva costargli cara in una campagna senza esclusione di colpi. Avevano torto, i pessimisti, perché l'educazione, le mancate repliche, la totale assenza di balentìa sono state armi vincenti. «Ho visto tanta gente, ho ascoltato tante persone, non ho dimenticato nulla, governeremo insieme», i sardi gli hanno creduto, ma non dimenticano la promessa, quell'impegno a dialogare, tutti i giorni, per cinque anni.
LA SERATA Il vincitore è inavvicinabile, fin dalle 15. La sede così americana della sua campagna elettorale è accessibile in ogni angolo, eccetto che nella sala ovale: dieci computer, un maxischermo e uno staff di under 30 che graffiano le tastiere, rispondono al telefono e cominciano a disegnare lo scenario. La prima sventagliata di numeri abbatte le certezze anche dei più ottimisti - Soru parte benissimo e tiene, per almeno sessanta minuti, un vantaggio di due, tre punti - ma nessuno sa da dove provengono quei dati, ovvero quali sezioni (geograficamente parlando) dicono che Soru può farcela. E allora Cappellacci fa un altro passo in avanti verso quel ruolo di leader che i sardi, domenica e ieri, gli hanno cucito addosso: non perde la sua flemma e pensa solo a dispensare fiducia, probabilmente è l'unico in quei momenti che continua a crederci. Lo aiuta il suo staff, e quelle decine di persone (ragazzi, per la maggior parte) che distribuite nei seggi di mezza Sardegna restituiscono un'altra realtà, ben diversa e decisamente migliore: il divario non c'è, anzi «Ugo è in vantaggio», l'ottimismo contagia perfino gli estranei, i curiosi, non solo i simpatizzanti. I numeri cominciano a sorridere al progetto Cappellacci, se Sassari fa piangere il centrodestra (ma ci si mette anche la lentezza elefantiaca della macchina elettorale della Regione) c'è una parte del Nuorese, il Cagliaritano e il Sulcis che dicono che la Sardegna vuole cambiare. Alle 19 c'è Ada Lai, supermanager del Comune, che alza le braccia, «è vittoria sicura», è lei ad aprire quel cerimoniale - non scritto ma ben conosciuto - che suggella le grandi notti elettorali. A Palazzo Doglio comincia un via vai incessante, ricompare anche Cappellacci (reclamato dalle tv), scortato dal sindaco di Cagliari Emilio Floris, poche volte così felice: «Sono ottimista», risponde il (futuro) presidente a chi gli chiede di commentare un successo quasi certo, «aspettiamo, aspettiamo».
LA LUNGA NOTTE A mezzanotte e mezza nulla è scritto, ma quei dati (quasi la metà delle sezioni) consegnano al centrodestra la Regione. Il vantaggio non cala e il (futuro) presidente comincia a capire che è fatta. Sorride, posa per decine di foto-ricordo, certamente ripercorre i tanti momenti difficili di una campagna intensa, veloce, dove anche il fisico è stato messo a dura prova. Arrivano i coordinatori, fra loro Delogu e Cossa, leader di una coalizione che ha spinto, in questi quarantacinque giorni, per un candidato che doveva essere presentato ai sardi, sfidante di uno degli uomini più noti del panorama politico nazionale. «Partivo da sconosciuto», ammette il nuovo governatore Ugo Cappellacci a notte fonda, «era questa la prima, grande difficoltà».
Uno scalino che la sorpresa-Cappellacci ha saputo superare. Nelle sue mani, c'è un mensile, Il Cagliaritano, che ha un titolo, con la sua faccia in copertina: “Beni beniu”, benvenuto. Giorgio Ariu, editore e direttore, si è giocato trentasei anni di carriera scommettendo (una settimana fa) sul nuovo governatore. Quel titolo ha portato bene, la frase è - da ieri - di tutti i sardi.
17/02/2009