Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Il teatro civile di Baliani tra Sciascia e Pasolini

Fonte: La Nuova Sardegna
17 febbraio 2009

MARTEDÌ, 17 FEBBRAIO 2009

Pagina 49 - Cultura e Spettacoli

Presentato a Cagliari la «Notte delle lucciole»






ENRICO PAU

CAGLIARI. Marco Baliani è una delle voci più alte della scena italiana contemporanea, ha abituato ormai alla forma di un teatro civile che visti i tempi appare inattuale. Inattuale nel senso migliore del termine. Nel termine con il quale Leopardi definiva lo stile, lo stile poetico che per essere vero stile deve sempre essere inattuale. Inattuali appaiono oggi anche le voci, di due scrittori Sciascia e Pasolini che ci mancano moltissimo (cosa avrebbero scritto in questi giorni dell’incapacità del nostro paese di ritrovare il coraggio della laicità?) e che compongono il testo di questa «Notte delle lucciole» spettacolo presentato a Cagliari nei giorni scorsi al teatro Alfieri.
Baliani nel suo viaggio dentro le due sensibilità più profetiche della cultura italiana del Novecento è accompagnato da un regista sensibile come Roberto Ando’ che dà forma a uno spettacolo che si nutre di una semplicità da oratorio sacro, là dove però il sacro abbia lasciato spazio alla capacità di guardare al passato, alla memoria per parlare del presente. Sulla scena insieme a Baliani, Coco Leonardi, attore e regista molto amato nella nostra isola e maestro di giovani attori isolani cresciuti alla sua bottega. Leonardi e Baliani si specchiano uno nell’altro. Baliani è la voce di una coscienza che non trova pace, una coscienza evocata dalle parole di Sciascia e Pasolini. Leonardi usa il corpo per raccontare la paura, la follia, l’irrazionale, il lato oscuro che sempre, pirandellianamente, si accompagna alla vita. La scomparsa delle lucciole è per tutti e due motivo di riflessione profonda, per Sciascia erano simbolo di una società agropastorale sospesa immutabile, per Pasolini sono il simbolo della crisi del presente, la loro scomparsa è frutto dell’arroganza di un potere, di un capitalismo industriale che ha come unico scopo quello di omologare tutto, di annullare le differenze. La difesa del passato per tutti e due gli autori ha qualcosa di struggente. Baliani si tuffa dentro questa materia con la sua voce che ha accenti alti, quasi epici, nella quale si rintracciano i fili della memoria di un paese e delle sue tragedie. È commovente il momento dello spettacolo nel quale, citando Sciascia, rievoca la telefonata di Valerio Morucci che chiama per dire dove trovare il corpo di Aldo Moro, per Sciascia nella voce del brigatista c’è il bagliore lontano di una pietà che per lo scrittore siciliano è del tutto inaspettata, sorprendente, lo chiama più volte onorevole con un rispetto che appare incongruo in quel momento così drammatico, che non sembra rispettare il gioco delle parti. Sulla scena cinque ragazzini pasoliniani con la loro sfrontata bellezza rimandano all’epoca in cui Sciascia insegnava nella scuola, ma evocano nello stesso tempo l’universo dello scrittore friulano. I banchi accattastati sulla scena sono l’unico segno scenografico in uno spettacolo fatto solo di emozioni, della forza espressiva dei due attori, del poetico apparire delle voci di un passato ancora lancinante.