Cosa hanno in comune Cagliari e Albi, città del Midi-Pyrénées? Ed entrambe col mare Libico? Molto. Non solo perché, per dirla con Fernand Braudel, la storia si fonda su poche dominanti. Interdipendenza tra uomo e ambiente; comunità e loro mobilità fisica e sociale; accadimenti non ultimi quelli tecnologici che già José Ortega y Gasset individuava alla base di radicali cambiamenti. La comunanza è legata non solo a denominatori religiosi come i monaci di Marsiglia o ideologici come il “contagio” cataro, dei cui esiti nell'isola non sappiamo, o la cattedrale dedicata a santa Cecilia. In calcare la nostra e in mattoni la francese.
Un insospettato legame è in una preziosa carta geografica dell'VIII secolo, tra Carlo Martello e Pipino il Breve, chiamata mappa merovingia di Albi. Rappresenta specialmente il Mediterraneo. L'unica rappresentazione altomedievale del mondo abitato sopravvissuta racconta la centralità del mare nostrum e l'unitarietà delle terre intorno. La rappresentazione non è realistica? Ma come documentò una mostra milanese sulle rappresentazioni del mondo dalle tavolette cuneiformi alla terra vista dallo spazio non esiste alcuna rappresentazione “vera”.
Pertanto gli “errori” della mappa di Albi, in piena espansione islamica nel nord Africa e in Spagna, sono il punto di vista di chi la redasse e della sua visione del mondo. La Sardegna è posta a nord della Corsica in un oikoumenè interconnesso. Altro che lontana da tutto! Il nord Africa, che con l'isola ebbe un comune orizzonte persino amministrativo non era altro da noi. Un incensiere copto dalle Terme a mare di Nora, descritta fortificata dall'Anonimo Ravennate tra IX e X secolo, racconta relazioni poco esplorate. Una diversa narrazione della Sardegna oggi aiuterebbe l'Italia.
Maria Antonietta Mongiu