Incisore, scultore, finissimo ritrattista, Dino Fantini scelse per decorare il Teatro Alfieri un soggetto assai adatto: le maschere della commedia dell'arte. Sui grandi pannelli appesi tra la platea e il foyer si affacciano Arlecchino e Pulcinella, e le dame col tricorno e mandolini e tamburelli, cappelli da giullare e palandrane di vecchi brontoloni, spadini e calze a righe.
Scene gioiose, datate 1961, realizzate con bellissime cromie e pose sostanzialmente composte, lontane da ogni bozzettismo carnascialesco. Più stilizzate le figure delle dee musicanti ospitate dietro la biglietteria, muse che tengono in mano una cetra o un flauto su sobri pannelli in legno incisi con rilievi in bianco. Classe 1913, Fantini aveva studiato a Oristano con Francesco Ciusa e aveva terminato la sua formazione al Liceo Artistico Statale di Roma. A 18 anni vinse il Primo Premio nella Mostra Nazionale per giovani artisti. Pittore di fama, autore dalla pennellata pastosa e brillante capace anche di forgiare il bronzo o tracciare rapidi bellissimi disegni, Fantini non si fermava davanti alle grandi dimensioni degli spazi pubblici. Lavorò a Cagliari - città d'adozione dove morì nel 1981 - nelle chiese dei SS.Giorgio e Caterina e di Sant'Elia e all'Auditorium della Clinica medica dell'Università. Certo le opere dell'Alfieri sono le più conosciute dal pubblico, visto che da decenni accolgono gli spettatori del teatro, ormai assuefatti, ed è un peccato, alla rielaborazione raffinata del carro di Tespi.
ALESSANDRA MENESINI
14/02/2009