l'intervista Il leader del Teatro di Sardegna
«Dipendesse da noi non lasceremmo mai l'Alfieri. «Trasferiremo la stagione di prosa al Massimo e vorremmo che il teatro di via della Pineta, che ha dimensioni inferiori, continuasse ad ospitare le produzioni del Teatro di Sardegna. I due luoghi possono e devono coesistere e ci auguriamo che ciò sia possibile, anche perché nell'Alfieri a fine 2004 abbiamo investito, con sacrifici, oltre 300 mila euro, a testimonianza di quanto è importante per noi». Antonio Cabiddu, fondatore e presidente della cooperativa Teatro di Sardegna, non sapeva che l'Alfieri fosse in vendita. «A ottobre abbiamo rinnovato il contratto d'affitto», ricorda. «Certo, capisco le tentazioni dei proprietari, una famiglia straordinaria che ha amato il teatro, davanti a proposte allettanti».
Una media di 25 mila presenze nelle 61 recite, un bilancio di 600 mila euro (il 25% arriva dai biglietti), la stagione di prosa ha un suo pubblico consolidato da anni. Diverso da quello del Teatro stabile di Sardegna, una macchina che nel 2009 avrà prodotto, in qualche caso esportato, 224 spettacoli. Un'azienda consolidata che, informa Cabiddu, «ha bisogno di diverse tipologie di sale per le sue iniziative, come tutti i teatri stabili».
Le scuole, ad esempio, sono uno zoccolo duro: 200 ragazzi per volta. Il Massimo, 730 posti, è eccessivo. «Senza l'Alfieri non potremmo fare tutto ciò che facciamo, compresa l'attività di ospitalità».
Anche in periodo di ristrettezze economiche e di tagli ai finanziamenti ministeriali? «Abbiamo costruito le nostre prospettive economiche sul nostro pubblico, fedele e competente, senza il quale oggi saremmo tutti a casa, e sulle attività di distribuzione e produzione», spiega Cabiddu. «Il Massimo dovrà essere una fabbrica dove lavorare il più possibile, anche perché i costi sono cinque volte superiori a quelli dell'Alfieri, che resta indispensabile per tutto il resto. Eppoi non voglio pensare che il teatro chiuderà. Senza questo spazio Cagliari non avrebbe avuto la prosa e questo è da riconoscere alla famiglia Cossu e, per la parte che ci spetta, a noi. Chiuderlo sarebbe una sciagura, anche per tanti altri operatori che lavorano in città. L'Alfieri deve continuare a vivere». (f. ma.)
14/02/2009