Cultura. La stagione di prosa dal 24 febbraio si trasferirà nello spazio di viale Trento. Forse è la fine di un'epoca
I proprietari: «Già ricevute offerte, ora le valuteremo»
Lo spazio è gestito dalla cooperativa Teatro di Sardegna, che ha un contratto sino al 2011. Ma potrebbe essere disdettato.
La stagione di prosa si trasferisce al Massimo, assieme al Teatro stabile di Sardegna, che lo gestirà per un anno. Così l'Alfieri, sette anni dopo aver perso il cinema, si avvia a perdere le stagioni e ad appassire, a soli 47 anni. Per questo l'Aic, società proprietaria dell'immobile, pensa di vendere. «Abbiamo ricevuto alcune offerte e le stiamo valutando», conferma Guido Cossu, amministratore dell'azienda.
(Ri) Nasce il Massimo, forse muore l'Alfieri. Triste metafora del destino della cultura in città. Si avvicina la fine di un'epoca. E chissà se nello spazio di via Della Pineta nascerà un Bingo, come è accaduto nell'ex Capitol, un megastore dell'abbigliamento (Nuovo Olympia) o un supermercato, come quello sorto dalle ceneri del Nuovocine. O forse un nuovo palazzo, come quello che svetta dove una volta c'era l'Astoria, uno dei ritrovi degli amanti del porno. In via Col di Lana di quel cinema a luci rosse ora c'è solo l'insegna: palazzo Astoria.
IMMOBILE DI PREGIO Di sicuro l'immobile fa gola, anche in tempi di vacche magre. Semi-centrale, poco meno di 1400 metri quadrati di sala più atrio (senza considerare il palco che si sviluppa su tre piani, i camerini, gli uffici e un appartamento) ha un valore top secret ma importante.
IL CONTRATTO DI GESTIONE Il problema è un altro: formalmente lo spazio è ancora gestito dal Teatro di Sardegna che nel 2002 firmò un contratto d'affitto d'azienda per la gestione completa della struttura che dall'81 ospitava la stagione di prosa: tre anni rinnovabili. Nell'ottobre scorso c'è stato l'ultimo rinnovo sino al 2011. «Sappiamo che ambiscono al Massimo e se decideranno di disdettare il contratto ne discuteremo, visto che con loro abbiamo sempre avuto un ottimo rapporto», spiega Cossu. «Così come potremmo essere noi, se ritenessimo vantaggiosa una delle offerte, a proporne la rescissione».
IL RUOLO DEL MASSIMO Inaugurato il Massimo, Cedac trasferirà lì la sua stagione di prosa a partire dal 24 febbraio (grazie al maggior numero di posti è stata riaperta la campagna abbonamenti). Ma il Teatro di Sardegna ha manifestato l'intenzione di tenere entrambi gli spazi: in viale Trento resterebbero gli spettacoli che Cedac distribuisce, in via Della Pineta le produzioni della storica Compagnia. Del resto, sostiene Antonio Cabiddu, presidente della cooperativa Teatro di Sardegna, «tutti i teatri stabili hanno sedi grandi, piccole e intermedie».
LA FAMIGLIA COSSU Certo è che se i cagliaritani hanno potuto gustare la grande prosa italiana per 28 anni è stato grazie al Teatro di Sardegna e alla famiglia Cossu, la cui resistenza ha qualcosa di stoico. Costruito nel '62 da Umberto Cossu, importante imprenditore edile, ed impreziosito dai decori di Dino Fantini, l'Alfieri fu cinema sino al settembre del 2002. Fu tra gli ultimi, anche grazie al mix teatro-film, a resistere all'avanzata dei multisala. Anche allora si temette la fine: «Diventerà un supermercato», si disse. Dopo due anni, anche grazie a circa 600 mila euro di investimenti sia del Teatro stabile che dei proprietari, riaprì e fu solo la Casa del teatro, l'unico privato.
Sia chiaro: quello dei Cossu non è stato mecenatismo, semmai passione. «Siamo imprenditori, i conti per noi sono importanti. Come abbiamo fatto a resistere? Tenendo aperto 365 giorni all'anno e alternando cinema e teatro, collaborando col Teatro di Sardegna e, prima di darlo in esclusiva, affittando la sala a tutti coloro che ce la chiedevano, persino per qualche concerto rock». L'Alfieri Caffè, nato nel 2004 per un target giovane, è segno di questa capacità di rinnovarsi.
UNA NUOVA MISSIONE «Vede, i ricavi dai biglietti coprono un decimo dei costi di un teatro, sempre che il sia amministrato bene», spiega Cossu. «Senza finanziamenti pubblici i teatri chiudono, rimangono scatole vuote». Ciononostante la gestione non è stata mai in perdita. Magari non ha generato grandi utili, ma in passivo mai. Ora questo luogo-simbolo della città rischia di cambiare pelle ancora una volta. E qualcuno, guardandolo, avrà le lacrime agli occhi.
FABIO MANCA
14/02/2009