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VENERDÌ, 13 FEBBRAIO 2009
Pagina 36 - Cultura e Spettacoli
All’Exmà un dettagliato percorso espositivo sul grande artista
Dagli «urlatori» ai tour con Mina e al Teatro Canzone
WALTER PORCEDDA
Forse il miglior ritratto di Giorgio Gaber l’aveva disegnato con la consueta e folgorante lucidità quella grande artista che è Mina, non solo superlativa cantante dalla voce straordinaria ma anche intellettuale acuta e lungimirante. Sono poche ma illuminanti righe in cui viene raccontato l’uomo e l’artista disegnandone i contorni espressivi quanto quelli intimi. Si trova citata al centro di uno dei pannelli che inanellano il percorso di «Qualcuno era... Giorgio Gaber» la mostra dedicata al celebre cantante e che da ieri fino all’8 marzo si può visitare nella Sala delle Volte dell’Exmà, dove è stata allestita dal Crogiuolo in collaborazione con il Centro d’Arte all’interno del progetto «La Mutazione. Miracolo e tradimento nel dopo guerra italiano».
Eccolo quel ritratto. Vale la pena di leggerlo. «L’eleganza inesorabile, la lucidità, l’ironia potente e leggera, la buona creanza nonostante l’intelligenza rivoluzionaria, la sottile gentilezza d’animo, la voglia di ridere comunque, la consapevolezza di essere un uomo superiore, la voglia di non fartelo pesare, ma solo intuire, la potenza della semplicità nella sua musica e nella sua esposizione vocale, il non arrendersi alle mode, l’aria consapevole e tollerante per quelli che non sono come lui, l’abbaglianza del suo apparentemente placido intero fanno di Giorgio un essere assolutamente unico, come artista e come uomo». Così Mina nei giorni dopo la fortunata tournèe in duo (1970-1971) in giro per l’Italia. Praticamente nel momento in cui Gaber si trovò nel guado, a mezza strada cioè della sua vita artistica, pronto a imboccare senza indugio - assieme all’amico e sodale Sandro Luporini - la via del teatro canzone. Mina aveva fotografato bene il suo partner sulla scena. Qualcuno che conosceva molto bene. E che l’esposizione, montata con cura del dettaglio dalla stessa Fondazione intitolata al cantante milanese illustra in un viaggio ricco di informazioni, mostrando immagini dell’artista, sulla scena e nella vita quotidiana. Riportando le copertine delle riviste degli anni dell’esordio e quelle del trionfo, stralci di interviste, scritti, copertine dei dischi a 45 giri, locandine degli spettacoli teatrali, recensioni dei critici e la visione di un lungometraggio realizzato con materiale di repertorio Rai che racconta le diverse tappe del musicista e cantante. E naturalmente moltissime foto. Alcune delle quali sono quasi delle icone.
Come quella che raccoglie assieme in un unico scatto quelli che nel 1958 furono battezzati gli «urlatori» della canzone italiana. Sono a braccetto nella Galleria Vittorio Emanuele II a Milano. Con Gaber, Renato Carosone, Joe Senteri, Little Tony e naturalmente Mina. Ed è la stessa Mina al centro della tavola disegnata un anno dopo da Walter Molino per la copertina della «Domenica del Corriere» e che tre anni dopo, nel febbraio del 1961 ritrae ancora al centro l’esplosiva Mina circondata dai cantautori che quell’anno approdavano al festival di Sanremo: da Tony Renis a Gianni Meccia, da Gino Paoli a Celentanoe, naturalmente Gaber che allora era già diventato un autore di successo con i motivi come «Ciao ti dirò», «Barbera e champagne» e «Porta Romana».
La mostra «Qualcuno era... Giorgio Gaber» è così anche un parallelo viaggio nell’Italia del boom economico prima e dell’impegno politico degli anni Settanta poi. Quelli della contestazione del 68 e quelli del 1977, del riflusso e del reducismo. Il disincanto delle illusioni raccontate da Gaber in modo assolutamente originale e fuori dal coro. In modo come sempre ironico e spesso scomodo. La storia di un uomo e di un artista che, soprattutto le ultime generazioni, dovrebbero imparare a conoscere.