Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Ex Province, l’incubo degli esuberi

Fonte: La Nuova Sardegna
29 dicembre 2014

Fino al 2017 stipendi garantiti anche se il Governo ha scaricato su Regione e Comuni i costi dell’operazione trasloco


di Umberto Aime

CAGLIARI Il cortocircuito c’è già stato, i rischi di un black-out definitivo da giorni sono nell’aria ma fino al 2017 chi lavora nelle Province può dormire o quasi sonni tranquilli. Lo stipendio fino ad allora è assicurato, lo ha giurato il Governo, poi si vedrà. Anzi, il futuro da quella data in poi potrebbe davvero incerto soprattutto dopo che con la Legge di stabilità, Palazzo Chigi ha infranto forse l’ultimo tabù italiano: il posto fisso non è più una certezza nella pubblica amministrazione. Passaggio però poi smentito proprio ieri dal ministero del Lavoro, Giuliano Poletti, anche se i dubbi rimangono. In Sardegna a essere sul chi vive (dello Stato è sempre meglio non fidarsi) sono e saranno in 2.500 fra dipendenti diretti degli ormai ex Enti intermedi e quelli che lavorano per le società in house. L’operazione trasloco – sono state le parole rassicuranti dell’assessore agli Enti locali, Cristiano Erriu – sarà garantita a tutti, ma si da ora è tutt’altro che semplice. Le risorse. Il vero problema è quello economico. Ancora una volta il Governo ha annunciato di voler rivoltare come un calzino l’architettura amministrativa, con l’abolizione definitiva delle Province, ma allo stesso tempo non scucirà un soldo per garantire il posto a impiegati e operai in transito da un ente all’altro. Palazzo Chigi è stato fin troppo chiaro sull’argomento: a farsi carico dei costi dell’esodo dovranno essere le Regioni e i Comuni. Per fare un po’ di conti, la Sardegna fra due anni sarà obbligata a trovare un altro bel po’ di soldi (200 milioni?) per pagare il personale in arrivo dalle ex Province. E siccome fra i tanti trucchi da sempre lo scaricabarile è quello che riesce meglio allo Stato, lo stesso Governo ha messo le mani avanti: dal 2015 e per almeno due anni, i trasferimenti a favore delle ex Province diminuiranno drasticamente. Sul quel fronte la sforbiciata (o meglio ancora il contributo per sanare l’enorme debito pubblico) sarà di tre miliardi in campo nazionale, con il ministero dell’Economia che non ha ammesso quanto accadrà nei fatti: un esproprio. Lo sarà, perché il Governo, ad esempio ha deciso di tenere per sè la quota delle assicurazioni auto fino ad oggi destinata alle Province per la manutenzione delle strade. Insomma, il futuro è davvero fra i peggiori. La Regione. Che l’operazione sia complicata e costosa, la giunta Pigliaru l’ha capito da tempo. Con la riforma degli Enti locali in corso, domani mattina è prevista l’approvazione definitiva, uno dei problemi che è stato affrontato è proprio quello delle risorse che presto non potrebbero esserci per sostenere il peso dell’esodo dei 2.500. La legge nazionale, in proposito, è fin troppo cinica: gli enti che si caricheranno le competenze delle ex Province, dovranno anche coprire tutti i costi del personale. Certo, lo shock si concretizzerà fra due anni, ma in Giunta sono in molti a essere preoccupati sin da ora. La promessa è stata chiara: «Nessun dipendente sarà lasciato a terra» ma per mantenerla bisognerà trovare un bel po’ di soldi. I sindacati. Hanno capito da tempo che la confusione è totale. Per cominciare qualche settimane fa, hanno occupato, ad esempio Nuoro, gli uffici delle Province, per poi passare al contrattacco. Sul personale – hanno detto – non sono ammessi scherzi. Alla vigilia dell’approvazione della legge regionale di riordino, il concetto è stato ribadito dal segretario generale della Cgil, Michele Carrus, e da quello regionale della Cisl, Ignazio Ganga. Nell’editoriale del giornale interno l’Altra Sardegna, il primo ha scritto: «Abbiamo letto con attenzione la bozza di riforma e dalla Giunta si saremmo aspettati più coraggio e chiarezza nelle scelte. Invece siamo di fronte a una confusa moltiplicazione dei livelli istituzionali». Per poi affondare i colpi sul personale in transito: «Non è pensabile parlare nè oggi e neanche domani di esuberi». È questa la preoccupazione anche di Ignazio Ganga: «Nessun intervento di riordino può essere calato dall’alto. Sarebbe un grave errore limitarsi a un intervento di maquillage istituzionale. Il vero cambiamento potrà avvenire solo se, oltre alle competenze, ai territori saranno trasferite le risorse per garantire servizi essenziali». Il vero problema sono proprio le risorse e da qui al 2017 saranno anni di battaglia con lo Stato.