SCUOLA. Sempre meno fondi per il sostegno: la spending rewiev si abbatte sul diritto all'istruzione
I numeri ufficiali restano segreti. Il tentativo col Provveditorato agli studi si scontra contro un silenzio che non ammette repliche. «Non sono autorizzata a rilasciare dichiarazioni. L'argomento è molto delicato e il responsabile è in ferie», taglia corto Carla Atzeni. La conversazione dura giusto qualche minuto, prima la telefonata viene dirottata verso altri due numeri. Sempre senza successo. Il tema del giorno sono i “bambini difficili”, la sensazione più immediata è che la voglia di parlare sia poca. Troppo per non insospettire.
Anche il tour tra le scuole elementari non regala risposte: i dirigenti scolastici sembrano tutti irraggiungibili, gli insegnanti si nascondono dietro un democratico «non possiamo dire niente senza il loro via libera». A pochi minuti dalla campanella il piazzale dell'istituto primario di via Machiavelli inizia a popolarsi. Tra i genitori la reticenza a parlare si frantuma solo davanti alla rassicurazione che le dichiarazioni saranno anonime. «È capitato un episodio di bullismo all'inizio dell'anno, ma la classe di mio figlio per fortuna è tranquilla», racconta Manuela. «Penso che le istituzioni dovrebbero essere più presenti in questo senso, magari facendo incontri di educazione civica rivolti ai bambini e alle famiglie». Monica ha un figlio in quinta: «Da mamma non so come reagirei se fosse in classe con un bambino violento . Chiedere l'allontanamento è eccessivo, ma anche accettare in silenzio non penso sia possibile».
Gli ultimi fatti di cronaca accendono i riflettori su un mondo tenuto per molto tempo dentro le mura delle classi. Dopo la psicosi dei bambini iperattivi e della guerra del Ritalin, ora suscitano clamore i bimbi difficili. Ancora di più le proteste dei genitori fuori dalle scuole. Il primo caso è dello scorso novembre, quando un'intera classe ha rifiutato di seguire la lezione. Presa di posizione forte nei confronti di un piccolo studente di dieci anni che pare abbia estratto un coltellino. Poco dopo ad attirare l'attenzione è stato un bambino di cinque anni che avrebbe dato una testata alla maestra. Intanto la magistratura ha aperto un'inchiesta sul caso del bimbo di dieci anni assente dalla sua scuola da 22 giorni, dopo le proteste dei genitori dei compagnetti.
Sulla carta è la scuola dell'inclusione, nella realtà no. Le istituzioni tacciono, nel frattempo i “bambini difficili” si scontrano coi tagli del governo all'insegnamento di sostegno.
La spending review si abbatte contro un diritto sancito dalla legge: quello all'istruzione. Che non fa distinzione tra normodotati e non. Monte ore dimezzato e un meccanismo paradossale che incide pesantemente sul clima tra i banchi. «I tagli alla scuola hanno fatto grossi danni per quanto riguarda l'insegnamento agli alunni con difficoltà», osserva Attilio Vincis, insegnante di sostegno. «Il Provveditorato assegna a ogni istituto un numero preciso di ore, che poi vanno spartite tra quelli che adesso vengono chiamati bambini difficili. Per i soggetti più complicati solitamente ci vengono assegnate diciotto ore, ma capita raramente. Per i meno difficili - secondo valutazioni discutibili - ce ne spettano quattro e mezza», rivela.
«È fuori dubbio che siano insufficienti per poter garantire il supporto necessario, dal momento che non appena noi terminiamo le nostre ore gli allievi si ritrovano soli con gli altri compagni e un insegnante non in grado di pensare a tutti».
Il Comune cerca di intervenire con i finanziamenti studiati per offrire un supporto educativo, tentativo nobile, ma poco efficace. «Spesso ci troviamo davanti a studenti aggressivi, violenti e non controllabili. La scuola non ha armi e le istituzioni fanno troppo poco per provare a fermare il fenomeno».
L'incontro con M.P., padre di un bambino iperattivo di 9 anni iscritto nel diciassettesimo circolo didattico di via Castiglione è casuale. «Mio figlio è seguito da un insegnante di sostegno che non copre le ore richieste. È affiancato per otto ore alla settimana, per le restanti è in mano a maestre che devono pensare a tutta la classe e non riescono a gestirlo», racconta. «Essere genitore di un bambino difficile è complicatissimo, ci si scontra con l'assenza delle istituzioni e l'insensibilità degli altri genitori. Mio figlio è seguito da psichiatri, io e mia moglie facciamo il possibile, ma non basta». Durante la chiacchierata casuale, nel cortile, l'incursione di due insegnanti palesemente infastidite fa riflettere.
Sara Marci