Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Sgrena a Cagliari per “Il viaggio di Calipari”

Fonte: La Nuova Sardegna
18 dicembre 2014

Al Teatro delle Saline lo spettacolo sul drammatico epilogo del rapimento della giornalista
 


di Sabrina Zedda

 CAGLIARI Da quando in quel maledetto 4 marzo 2005, a Baghdad, il dirigente del Sismi Nicola Calipari morì sotto “il fuoco amico”, facendole scudo col suo corpo, per Giuliana Sgrena esiste un “prima” e un “dopo”. Il prima è il suo rapimento, ad opera degli islamisti della jihad, avvenuto il 4 febbraio precedente la morte di Calipari. Il dopo è il massacro mediatico, le bugie, le ricostruzioni ambigue su quella morte, da molti liquidata come un “incidente”, ma che tale non fu affatto, dice la giornalista del Manifesto. A ripercorrere quegli avvenimenti è stato nei giorni scorsi, nel Teatro delle Saline, lo spettacolo “Il viaggio di Calipari”, una produzione low cost firmata Tangram Teatro di Torino, diretta e interpretata da Fabrizio Coniglio, in scena per la Stagione di teatro contemporaneo organizzata da Akròama. Come cerca di fare tutte le volte che le è possibile, anche stavolta Giuliana Sgrena ha voluto accompagnare lo spettacolo con la sua presenza. Protagonista, insieme a Fabrizio Coniglio, del dibattito che (quando possibile) segue la messa in scena.Capelli bianchi morbidi, giacca blu, occhi di chi cova dentro un dolore profondo, Giuliana Sgrena non smette di elencare, una per una, le incongruità tra la versione dei fatti fornita dagli Stati Uniti e quella che lei ha vissuto: «Cinquantotto proiettili sono stati esplosi quella sera. Solo l’ultimo ha colpito il motore. Gli altri erano tutti diretti all’abitacolo», racconta ricordando il suo rapimento, la liberazione resa possibile dalla mediazione di Calipari e poi, insieme a lui, il viaggio in auto verso l’aeroporto e verso la libertà. Attimi di gioia, subito interrotti dalla raffica di spari dei militari Usa. Se si fosse trattato di un incidente, se davvero la morte di Calipari fosse stata solo una fatalità quei proiettili sarebbero stati di meno, e magari diretti verso altri punti dell’auto, insiste Giuliana Sgrena. Perché tanto accanimento? «Forse agli Usa dava molto fastidio che gli italiani trattassero per la liberazione degli ostaggi e, al contrario di loro, riuscissero a liberarli», è l’unica spiegazione che in questi anni è riuscita a darsi la reporter. Che aggiunge: «La cosa dava fastidio anche alla parte del Sismi che seguiva la linea statunitense, mentre l’altra linea era rappresentata da Nicola Calipari». Da allora niente è più come prima per Giuliana Sgrena: oltre al peso per quella vita drammaticamente spezzata («quando ho sentito che mi toglievano di dosso il suo corpo ormai senza vita è stato come se portassero via un pezzo di me»), la sua esistenza ha dovuto fare i conti con tante incongruenze e i mille insulti («ne ricevo di continuo anche oggi») di chi le dice che lei avrebbe dovuto morire. Oggi Giuliana Sgrena è una donna segnata dalla vicenda. Ma non ha intenzione di mollare: quando può parte per i suoi reportage e scrive libri. L’ultimo è “Rivoluzioni violate”, uscito per il Saggiatore (229 pagine, 15 euro): un'analisi accurata e un racconto appassionato della complessa fase di controrivoluzione nei paesi arabi.