IL TERMINAL SENZA NAVI. Il progetto di Bucarelli? Molto valido. Il problema non era il Comune
Italo Ferrari: operatori ostili alle novità, si è persa un'occasione
Italo Ferrari non ha seguito la polemica sul terminal crociere. «Da anni vivo e lavoro a Genova», spiega: «Non mi capita di leggere le cronache della Sardegna. Che succede?»
Succede che sul Molo Ichnusa c'è un edificio pubblico nato per diventare un terminal crociere, ma le navi non sono mai arrivate.
«Non possono attraccare, con quei pescaggi. Anche se basterebbe approfondirli».
Sì, rafforzando la banchina. Ma costerebbe 2,7 milioni: secondo l'ultimo presidente dell'Autorità portuale, Piergiorgio Massidda, «un'ira di Dio»; per altri, un investimento ragionevole.
«Sono d'accordo con gli ultimi. Se ci fosse la garanzia che il prezzo non mutasse per verifiche di variante, si potrebbe fare».
Lei è stato tirato in ballo nella polemica. L'ingegner Dario Bucarelli ricorda di averle presentato, intorno al 2000, quando il mercato delle crociere in Italia era ancora aperto e lei era presidente dell'Autorità portuale, un progetto per un terminal ben più ambizioso di quello poi realizzato.
«Ricordo il progetto, era molto valido. Non fu però presentato: me lo descrisse, era una sua iniziativa, non operava per conto dell'Autorità portuale».
Perché, se lei era entusiasta, non se ne fece niente?
«Perché, per colpa dell'allora segretario generale dell'Autorità, Mario Fadda, sorsero problemi giudiziari in cui fui coinvolto anche io, che poi venni ampiamente prosciolto. La cosa mi impedì di concentrarmi sulle questioni del porto e nel 2001 dovetti lasciare l'incarico».
Bucarelli dice che lei lo invitò a “far digerire” quel progetto in via Roma.
«Possibile. Non ricordo quella frase ma non posso negare di averla detta: è in linea con ciò che pensavo».
E cosa pensava?
«Che c'erano soggetti che non volevano che il porto si aprisse e non avrebbero mai accettato quel progetto».
Dicendo “via Roma” si riferiva al Comune?
«No, nella maniera più assoluta. Anche perché il sindaco era Mariano Delogu».
Già, Delogu ha dichiarato che fra voi c'era dialogo e massima stima nonostante aveste idee politiche diverse.
«Confermo. Per Delogu ho grande rispetto e grande simpatia umana: è stato un personaggio politico e un sindaco di grande valore. Le idee diverse non devono impedire di riconoscere il valore di una persona: ciò che conta è l'onestà intellettuale, che Delogu ha ampiamente dimostrato di possedere».
Allora a chi si riferiva?
«Agli operatori portuali».
Spedizionieri, agenzie marittime?
«Esattamente».
Perché erano ostili?
«Perché la mentalità di chi lavora al porto, troppo spesso, è quella del “mio piccolo orticello”: che resti pure piccolo purché sia mio. Succede anche a Genova, non è un problema solo di Cagliari. Il mio principale rammarico, da presidente dell'Autorità portuale, è non essere riuscito a incidere su questa mentalità. Sa, insieme al Teatro Lirico, all'epoca, avevamo messo a punto un progetto ambizioso, un'offerta che combinava l'offerta culturale del teatro, l'archeologia, il paesaggio e il turismo».
Tutto arenato in seno al Comitato portuale?
«Esatto».
È una specie di parlamentino dove sono rappresentati tutti gli enti coinvolti nel porto, giusto?
«Esatto: Autorità portuale, Capitaneria, Provincia, Comuni di Cagliari, Sarroch e Capoterra, Camera di Commercio. E Associazione industriali: da parte di quest'ultima, in particolare, vi era una netta contrarietà».
Va mai al Molo Ichnusa?
«A Cagliari ho ancora casa, e alla Sardegna sono maledettamente legato. Torno appena posso, anche se ciò che vedo non mi piace: non che altrove vada molto meglio ma qui c'è una depressione tremenda. Quando torno, in ogni caso, evito di passare in via Roma e al porto. Sono luoghi legati all'amarezza di aver visto naufragare il progetto delle Autorità portuali. Erano nate come una rivoluzione. L'idea dell'allora ministro Burlando era di passare da una gestione burocratica dei porti, affidati alle Capitanerie, a una capace di produrre reddito».
E invece?
«E invece non sempre succede. Bisognerebbe ritrovare quella spinta. Senza badare troppo agli interessi degli operatori».
Abbiamo perso un'occasione storica?
«Quindici anni fa Assoporti discuteva di rilanciare il sistema portuale italiano. Poi è subentrato un certo cinismo. Molti badano solo agli affari propri».
Quanto guadagna un presidente di Autorità portuale?
«All'epoca lo stipendio era il 30 per cento in più di quanto prendeva il direttore generale. Oggi non so».
Esagera chi parla di 20 mila euro al mese?
«A naso direi di sì».
La metà?
«Direi di più».
Marco Noce