IL TERMINAL SENZA NAVI.
Obbligati a lavorare coi cancelli chiusi: diamo fastidio, ci boicottano
I titolari dell'agenzia di viaggi attiva da 7 anni al Molo Ichnusa
Sorpresa: la grande, polverosa, arrugginita tensostruttura d'acciaio, vetro e cemento sul Molo Ichnusa non è deserta. Basta entrare, attraversare il grande spiazzo coperto e guardare a destra per veder apparire, come un miraggio, l'insegna luminosa di “Non solo crociere”. Dentro c'è luce, pulizia, tepore, un grande sfondo pubblicitario della Costa crociere, computer, telefoni. La sede dell'agenzia di viaggi, 90 metri quadri, corrisponde ai lotti numeri 4 e 5 della gara bandita sette anni fa dall'Autorità portuale per la «concessione demaniale degli spazi interni del terminal crociere».
Esatto: terminal crociere. Così, a dispetto delle amnesie di qualche ex presidente, l'Autorità chiamava, in lettere e documenti ufficiali, l'edificio diventato un simbolo dello spreco di soldi pubblici (5,5 milioni di euro). L'anno scorso, invece, la definizione è mutata: «spazio polivalente», c'è scritto nella lettera che (marzo 2013) intima alla srl Multimedia Centrocrociere di fare i bagagli e andarsene.
IL SORPASSO «Una beffa», sospirano Vincenzo Cincotta, ingegnere, titolare di un'agenzia marittima che ha settant'anni di storia, e sua moglie Franca Bargone, responsabile dell'agenzia di viaggi collegata. Sono stati gli unici a crederci fino in fondo, al terminal. Avevano le loro buone ragioni: di crociere, a Cagliari, sono stati tra i primi a occuparsi. «Andiamo alla fiera della crocieristica di Miami dagli anni '80». Fu lui a portare in città, per i mondiali di calcio del 1990, cinque navi: tre di tifosi e due per alloggiarci le forze dell'ordine. Lei, quello stesso anno, diventò l'agente della Costa per la Sardegna, e lo è rimasta fino al 2007, quando la compagnia ha chiuso gli uffici periferici. Hanno girato il mondo, conoscono i porti e ritengono che la scommessa sul terminal crociere fosse sensata: «Potevamo essere i primi», racconta l'imprenditrice. «Invece siamo stati superati da tutti. Città come Palermo, Civitavecchia, Bari hanno bruciato le tappe. Savona, grazie agli investimenti della Costa, ha un terminal favoloso. Per non parlare di Barcellona. Invece, i sardi che vogliono partire in crociera con la Costa sono invitati a imbarcarsi a Trieste».
LE SPERANZE Se oggi prevale lo sconforto, sette anni fa, con la tensostruttura quasi pronta, i coniugi hanno partecipato con slancio alla gara di gestione che disegnava (planimetrie incluse) uno spazio vivo, con bar, ristoranti, sale espositive, sala conferenze, uffici per gli operatori di viaggi. Hanno vinto e si sono accollati l'onere. Altri non se la sono sentita: «Il lotto accanto a noi», spiega Franca Bargone, «fu aggiudicato a una ditta che però ha rinunciato subito». Loro invece sono rimasti. Hanno investito: «Ci hanno consegnato le nude mura: abbiamo speso 20 mila euro in impianti, porte, tutto quello che vede». Sono al Molo Ichnusa da sette anni. Soli, a parte l'ufficio dell'associazione Agenti marittimi, al secondo piano, che apre due volte la settimana. Per tutto il tempo in cui, scoperto che il fondale non era abbastanza profondo, l'Autorità portuale è rimasta incartata fra annunci, dragaggi da fare anzi da non fare, ricorsi al Tar, sopralluoghi per residui bellici e reperti archeologici, ipotesi di micropali per rafforzare la banchina (e mentre in seno al Comitato portuale la Camera di Commercio si batteva contro la nascita di «un polo commerciale all'interno del porto svincolato dal traffico merci e passeggeri»), i coniugi Cincotta hanno resistito. Hanno pagato le tasse (Imu inclusa) e versato il canone di concessione (un migliaio di euro al mese). In attesa di navi mai arrivate.
L'ULTIMATUM Certo non si aspettavano che finisse com'è finita. Cioè con una serie di lettere che, dichiarata scaduta la concessione e proclamata la trasformazione del terminal crociere in “spazio polivalente” finalizzato all'approdo dei maxi yacht, li invitano ad andarsene. «Ci boicottano, disturbiamo», si infuria Vincenzo Cincotta. Marito e moglie resistono, aggrappandosi a una proroga finché la gara di concessione cinquantennale (superati i ricorsi e l'inchiesta penale in corso) sarà definitivamente aggiudicata: «Al nuovo concessionario chiederemo che ci lasci qui», dicono. L'Authority ha perfino imposto all'agenzia di tenere chiusi i cancelli del terminal: «Da quel momento - si addolora Franca Bargone - il giro d'affari è calato del 30 per cento»
MOLO RINASCITA «In alternativa, che l'Autorità portuale ci dia in concessione degli altri spazi al Molo Rinascita». Perché nel frattempo è lì, dove la profondità è adeguata, che hanno continuato ad attraccare le grandi navi. Anche se chi si imbarca non ha un luogo dove attendere al riparo dalle intemperie e deve espletare le pratiche doganali nel terminal Tirrenia: medioevo, rispetto ai porti con cui Cagliari, anni fa, aveva tutte le carte in regola per competere. Ma anche rispetto a Olbia, vincente sulle tasse portuali. «Noi lavoriamo con le crociere anche lì», racconta Vincenzo Cincotta: «A una nave da 2.500 passeggeri, lo sbarco a Olbia costa 6.000 euro; a Cagliari 12.000. Con queste cifre, dove vogliamo andare?»
Marco Noce