Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Il posteggio pagato due volte

Fonte: L'Unione Sarda
31 ottobre 2014


Dopo l'arresto di avant'ieri a Pula, le voci delle piazze dove gli abusivi chiedono soldi

 

«È una tangente: una moneta nel parchimetro e una a loro»


 

I senegalesi sono i meno assillanti e i più organizzati. Controllano i parcheggi palmo a palmo, grazie a una struttura gerarchica in cui c'è un capo che parla perfettamente l'italiano, i luogotenenti e i soldati semplici. Indirizzano le auto negli stalli liberi poi chiedono soldi: uno o due euro. A volte sono un po' insistenti ma raramente esagerano. La loro filosofia è molto commerciale: «Tenersi buoni i clienti». Poi però ci sono i “cani sciolti”, che rappresentano il vero problema. Ragazzi poco più che ventenni arrivati in Sardegna con le ultime ondate di sbarchi, spesso ospiti nel Cpa di Elmas. Provengono principalmente dalle zone più turbolente dell'Africa nera, in fuga da fame, guerre e persecuzioni. Loro non vendono nulla, chiedono l'elemosina. E non di rado assumono atteggiamenti aggressivi, a volte persino intimidatori. Specie nei confronti di donne e anziani.
IL CASO DI PULA Martins Izogne Nosa - il 22enne nigeriano arrestato l'altro ieri a Pula dai carabinieri per estorsione nei confronti di una quarantenne a cui ha impedito di scendere dall'auto sino a quando non gli ha consegnato 5 euro - è uno di loro. Ormai sono centinaia e stanno ovunque: nelle piazze di Cagliari e dei paesi dell'hinterland, nei parcheggi davanti ai centri commerciali e agli ospedali. Una presenza che cresce ogni giorno e rischia di alimentare tensione sociale e xenofobia. Anche perché, episodio di Pula a parte, le segnalazioni di casi al limite del penale, con insulti e inseguimenti, sono ormai decine.
I MIGRANTI Ieri alle 12,30, parcheggio tra via Sonnino e via Barone Rossi a Cagliari, a due passi dagli uffici comunali. Qui ogni giorno stazionano dai dieci ai quindici senegalesi. Vendono le loro cianfrusaglie e aiutano gli automobilisti a trovare un parcheggio libero. Josh è tra i più giovani, ma non ha voglia di parlare. «I nigeriani sono cattivi - dice -, noi senegalesi non siamo così, noi siamo bravi». Dopo due domande si allontana infastidito. Non è aria. Forse perché qui, qualche giorno fa, la segretaria di uno studio legale è stata insultata e quando è arrivata al lavoro era spaventatissima. Anche Keys, 40 anni, in “servizio” nel piazzale davanti al Cis in viale Bonaria, non è particolarmente ciarliero. «Io vendo la mia merce, non faccio niente di male», ripete spaventato e fingendo di non capire l'italiano.
I SARDI Ramona Congiu, 31 anni, impiegata in un'impresa di pulizie, parcheggia spesso in via Sonnino. «Cerco di arrivare negli orari in cui non ci sono - spiega -. Il motivo? A volte sono davvero insistenti, ormai è come una tangente, oltre al parcheggio a pagamento devi dare almeno un euro anche a loro». Anna Rita, impiegata comunale, li incontra tutte le mattine. «I senegalesi sono abbastanza educati - dice -, sono molto organizzati e alla fine mi fa comodo che ci siano perché mi trovano subito il posto. Però da altre parti non è così, una volta davanti all'Oncologico ho avuto realmente paura, c'era un ragazzone di colore che quando gli ho detto che non avevo soldi da dargli mi ha risposto minacciosamente e con male parole». Valentina, 40 anni, racconta: «Qualche giorno fa nel parcheggio del Cis mi hanno circondata in tre, ho dato loro una moneta da 1 euro ma non erano contenti, avevano un fare intimidatorio e mi hanno lasciata in pace solo quando ho detto che avrei chiamato il 113».
IL QUESTORE DISPENZA Polizia e carabinieri non vogliono però sentire parlare di emergenza. «Ribadisco il concetto, anche se impopolare, che ho espresso altre volte - dice il questore di Cagliari Filippo Dispenza - è meglio che facciano i parcheggiatori abusivi piuttosto che gli spacciatori e i rapinatori. Invito tutti alla tolleranza, anche se naturalmente le leggi vanno rispettate e queste persone non devono pretendere nulla. In caso di atteggiamenti molesti chiamate le forze dell'ordine senza mai rispondere alle provocazioni».
Massimo Ledda