Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

L'oratorio, antidoto alla criminalità

Fonte: L'Unione Sarda
3 febbraio 2009

Is Mirrionis. I sacerdoti delle tre parrocchie del quartiere raccontano il loro lavoro

«I valori che insegniamo se li portano dietro per sempre»

«I ragazzi sentono di dover spiccare il volo ma non capiscono da dove cominciare».
Pochi ma buoni. Dalle finestre delle principali parrocchie del quartiere, i ragazzi di Is Mirrionis appaiono così: distratti da mille tentazioni ma sensibili al richiamo dei parroci.
Sono proprio i più giovani, garantiscono i preti, a dare a Is Mirrionis una carica di vitalità e di generosità fuori dal comune; a voler dare un calcio ai luoghi comuni, alle emergenze. Dalla mattina alla sera i sacerdoti lavorano, fuori e dentro le loro parrocchie. Camminano, s'informano, parlano e giocano con i ragazzi di Is Mirrionis. Solo così, in un quartiere che invecchia e si mostra ferito dagli assalti della criminalità, possono vincere la lotta contro quello che gli uomini di Chiesa chiamano peccato e le forze dell'ordine ribattezzano crimine.
S. MASSIMILIANO KOLBE Don Carlo Follesa, da 35 anni parroco a San Massimiliano Kolbe, nel cuore di Is Mirrionis, è uno dei più convinti sostenitori del dialogo come chiave per conquistare il cuore dei ragazzi.
Nel suo oratorio, frequentato da circa cinquecento adolescenti , c'è chi gioca a calcio, chi a pallavolo, chi si iscrive agli scout, chi segue corsi di chitarra o di fotografia. Le attività proposte sono diverse ma comune è lo scopo: l'insegnamento ai più giovani dei valori della tolleranza e del rispetto, nel gioco come nella preghiera, sul campo come sui banchi di una chiesa.
DON CARLO FOLLESA «Tutti i ragazzi che frequentano l'oratorio della Kolbe, e sono tantissimi, hanno l'opportunità di misurarsi con alcuni valori fondamentali», spiega Don Follesa. «Noi sacerdoti, insieme ai volontari e alle famiglie, lavoriamo per non perdere nessuno, soprattutto tra chi fatica ad integrarsi, e otteniamo grandi soddisfazioni. Certo, il nostro non è un lavoro facile, specie con i più grandi, ma quello che i ragazzi imparano da piccoli se lo portano dietro per sempre».
SANT'EUSEBIO «Entrare in sintonia con i giovani d'oggi, soprattutto quando si avvicinano alla maggiore età, non è affatto semplice», conferma Don Giuseppe Cadoni, dal 2002 parroco di Sant'Eusebio. «Al nostro oratorio vengono circa 150 ragazzi , ma almeno altrettanti rimangono fuori. Organizziamo per loro corsi di chitarra, piano, batteria e altre attività ancora, però nonostante gli sforzi una parte del mondo giovanile continua a sfuggirci. Forse siamo noi ad invecchiare, forse sono loro che a quell'età non sanno esattamente ciò che vogliono. Sentono di dover spiccare il volo ma non capiscono da dove cominciare».
SAN PIETRO E PAOLO L'unico a cui gli over 18 non mancano è Don Federico Locci, dal 2001 alla guida della parrocchia dei Santi Pietro e Paolo, proprio in via Is Mirrionis. La sua chiesa non può ancora contare su un oratorio e i bambini sono costretti a frequentare le lezioni del catechismo all'interno di un container, eppure Don Chicco (così lo chiamano i suoi ragazzi) non cerca alibi né giustificazioni. «Abbiamo poche strutture a disposizione, è vero, ma fortunatamente non ci manca l'affetto dei giovani», racconta il parroco. «Intorno a noi ruota una comunità di oltre cinquemila studenti universitari dai quali riceviamo una grande risposta in termini di interesse e partecipazione. L'unico cruccio è trovare il momento per incontrarsi, visto che ormai le lezioni li impegnano dalle otto di mattina alle otto di sera. Motivarli e interessarli, invece, non è mai stato un problema. Con loro basta parlare chiaro e renderli protagonisti e non spettatori di quello che si fa. In fondo, non chiedono altro».
EX PERIFERIA Sbaglia, dunque, chi si ostina a pensare a Is Mirrionis come a un ghetto in preda al pericolo e alla desolazione. Si tratta di un'immagine che non racconta il quartiere nel suo complesso, sostengono i parroci, e tantomeno la sua parte più giovane. «Ormai Is Mirrionis viaggia verso la piena integrazione e vive almeno in parte gli stessi problemi degli altri quartieri, droga compresa», assicura Don Follesa. «In passato i ragazzi del rione hanno pagato a caro prezzo la piaga degli stupefacenti ma ora questo non accade più. Le difficoltà dei ragazzi d'oggi, ormai, sono le stesse dappertutto e il fatto che certe vie dello spaccio siano così frequentate sta lì a dimostrarlo».
«NESSUN ALLARME» Anche Don Cadoni, che pure l'anno scorso ha subito diversi furti in parrocchia, non vuole sentir parlare di allarmi o emergenze a proposito del suo quartiere. «In un'epoca che non dà ai ragazzi punti di riferimento condivisi, i problemi sono gli stessi e travalicano i confini di un singolo rione», osserva. «Noi dobbiamo lottare per aiutare ciascuno a trovare la propria strada. È difficile ma non impossibile. Basta prendere l'energia dal sorriso dei tanti ragazzi meravigliosi che il nostro quartiere e la città intera esprimono. Sono stupendi e sono tanti, anche se la loro bontà, spesso, non fa chiasso né notizia».
LORENZO MANUNZA

03/02/2009