MERCATO SAN BENEDETTO. Sfratto per il pescivendolo sopravvissuto
Prima la malattia, poi i danni, ora la beffa. Stefano Milia, il pescivendolo sopravvissuto alla leptospirosi che tredici anni fa uccise il collega trentenne Enrico Corda, rischia di restare senza lavoro. Per colpa del Comune, che dovrebbe risarcirlo e invece lo sfratta dal mercato San Benedetto per morosità. «È vergognoso», sbotta il legale Anna Maria Busia. «Dopo essersi ammalato sul luogo di lavoro per colpa di chi ha gestito male la struttura non curandosi della situazione igienico-sanitaria, viene cacciato da un'amministrazione cieca e ottusa che nulla ha fatto per evitare la causa civile, pur essendo scontato l'esito».
È già partito l'ordine di revoca della concessione del box 11, dove Milia vende pesce da 26 anni. Proprio lì, in quello stesso mercato, nel 2001 ha rischiato di morire per aver contratto la malattia trasmessa dall'urina dei ratti che, in quell'anno, si aggiravano tra i banchi. L'amministrazione intima al pescivendolo di pagare i 27 canoni non corrisposti, circa 5mila euro, senza tener conto che è Milia a vantare un credito nei confronti del Comune. «Impugneremo il provvedimento di revoca in tutte le sedi», continua la Busia che assieme a Francesca Calabrò rappresenta in giudizio (civile) anche la vedova di Corda e un altro operatore del mercato. «È scandaloso che si arrivi a cacciare via chi ha rischiato la vita per colpa di dirigenti quantomeno negligenti: è un danno che va ad aumentare il credito del nostro assistito verso il Comune».
La richiesta di risarcimento danni causati dalla leptospirosi è l'unica che le vittime di questa vicenda possano avanzare. Il procedimento civile è in corso, «ma si sta per concludere e l'esito è scontato», assicura l'avvocato Busia. I reati sono infatti prescritti (il verdetto della Cassazione è dell'ottobre 2010) e le condanne per omicidio colposo, emesse in primo e secondo grado nei confronti dei vecchi dirigenti del mercato, cancellate. I difensori di Milia hanno chiesto al Comune di compensare il credito con il debito «trattenendo dalla somma dovuta a titolo di risarcimento danni l'importo per il quale il nostro assistito risulta debitore verso il Comune». Sarebbe il buonsenso a consigliare questa strada, anche nel nome di una giustizia attesa da 13 anni. «La leptospirosi mi ha causato problemi di cuore, attacchi di panico, stanchezza - è l'unico commento di Milia, oggi 43enne - con difficoltà ho ripreso a lavorare, ora mi sfrattano».
Carla Raggio