LA CITTÀ NASCOSTA. Una rete di cunicoli ospitava un centro d'ascolto nell'ultima guerra
Nella base “Dicat” sofisticati sistemi per la difesa antiaerea
Ci si arriva per caso e la scoperta riporta indietro nel tempo. Colle di Sant'Ignazio, anni '30: un passaggio segreto tra la vegetazione conduce a una galleria scavata nel calcare e a una serie di piccole stanze, un tempo chiuse con porte insonorizzate, spesse anche quaranta centimetri, foderate di sughero e sulle quali ancora oggi si leggono quattro nomi: Capo Carbonara, Pula, Sarroch, La Maddalena. La sede era la base del Centro radio militare Dicat, sigla che indicava la Milizia per la difesa antiaerea territoriale, istituita con Regio decreto legge del 18 febbraio 1930. Aveva il compito di attuare in tempo di guerra (con le unità contraeree delle altre forze armate) la difesa del paese da attacchi aerei nemici.
L'ASCOLTO A condurre i visitatori nel bunker è stato di recente Marcello Polastri, presidente dell'associazione Sardegna sotterranea, autore della mappatura di tutte le cavità civili e militari della Cagliari sotterranea e prossimo alla pubblicazione di un libro sulla base militare Dicat. «Qui i radiotelegrafisti stavano in ascolto giorno e notte per codificare messaggi, raccogliere dati, spedire notizie utili all'apparato militare logistico mediterraneo». Il colle di Sant'Ignazio, sopra Calamosca e Sant'Elia, era luogo di spie e intrighi. Un luogo oggi dimenticato ma che alla vigilia della Seconda guerra mondiale divenne sede di un'importante radio militare.
LA GALLERIA Chi lavorava nella base segreta era personale specializzato, tenuto conto che il centro militare era in diretto collegamento con navi, sommergibili, aerei e centri di avvistamento terrestri della Marina militare e dell'Esercito. Quel che resta aiuta a immaginare quale possa essere stato il ruolo della base nel campo delle telecomunicazioni in tempo di pace ma soprattutto durante l'ultima guerra. Il bunker sotterraneo aveva doppie porte d'acciaio a tenuta stagna ed era protetto da una vera e propria barriera antigas. «Le sue stanze», sottolinea Polastri, «vennero anche pianellate, intonacate e tinteggiate».
I POZZI Il sotterraneo era collegato a una serie di gallerie e cunicoli, anch'essi dotati di pozzi comunicanti con l'esterno, a loro volta provvisti di garitte sotterranee per l'avvistamento di eventuali nemici. Una rete di gallerie secondarie avrebbe condotto i nemici a morte certa, verso pozzi verticali senza uscita.
LE TORRI Il Centro di Calamosca era collegato a una serie di altri piccoli centri di raccolta dati: le torri costiere catalano-aragonesi e poi spagnole, trasformate prima dell'ultimo conflitto mondiale in una rete di stazioni di avvistamento ottico. Alcune radio erano collegate a reti telefoniche con i cosiddetti Centri di raccolta notizie, strutture più complesse che avevano il compito di raccogliere informazioni e convogliarle al Comando tattico della Dicat. Annessa al bunker funzionava anche una sala di previsione, dotata di tabellone luminoso su cui venivano anche riportate le rotte degli aerei. Polastri: «Completavano queste dotazioni apparecchi radiotelefonici e dispositivi per azionare le sirene di allarme, dislocate in città». Integravano la rete di avvistamento, in collegamento radiofonico con il Bunker, anche dieci natanti della vigilanza foranea: si trattava di navi ancorate a semicerchio tra Capo Spartivento e Capo Carbonara. Ai primi del 1943 vennero attivati dei radar tedeschi, costruiti a Capo Sperone, Teulada e a Pula che consentirono di mandare gli allarmi.
I LIMITI Nel 1943 il sistema difensivo mostrò tutti i suoi limiti quando sui cieli sardi comparvero gli aerei americani. Nel febbraio dello stesso anno, nel tentativo di distruggere la base d'ascolto, gli Americani sganciarono una bomba che cadde a duecento metri di distanza dal bunker.
Pietro Picciau