Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Quel pomeriggio al sole del Poetto

Fonte: L'Unione Sarda
21 ottobre 2014

Poi capita che una mattina parti da Roma prestissimo, dopo esserti svegliato in un appartamento del Pigneto, avere fatto colazione in un piccolo bar di quel quartiere proletario e d'immigrazione (affollato, colorato, multietnico, gentrizzato, di moda e malfamato, amato e odiato, quartiere di una Roma che sembra sempre in un altro tempo eppure è una città grande dell'oggi, pulsante di contraddizioni e problemi, doppi e tripli strati sociali e la fatica di convivere tra diversi); capita che stai facendo colazione e la barista ti dice, come capita decine di volte ogni settimana: «Ma che, sei sardo? Quant'è bella la Sardegna, mortacci vostri». E tu devi andare a Cagliari, e attraversi la città eterna su un tram carico di studenti e lavoratori, e come sempre pensi che questo posto è casa tua ed è bellissima (non solo per il suo centro storico, non solo per le strade dei turisti, ovunque, sempre, persino qui allo Scalo di San Lorenzo, persino in questo traffico da incubo); capita che tutta la mattina ti risuona quella frase nelle orecchie, «Quant'è bella, li mortacci»; ci pensi a Termini, a Fiumicino, a Elmas quando atterri, a Uta quando entri a casa dei tuoi e c'è un sole splendente e il giardino di tua madre è un trionfo, come l'orto botanico di una capitale d'oriente del vecchio impero britannico, tua madre e tuo padre stanno lì a prendere il sole di metà ottobre e tutto è colori e fiori e odori fortissimi di rose e menta e basilico, e poi vai al Poetto, da solo, perchè è metà ottobre ma ci sono ventinove gradi, e c'è tutta la città, in spiaggia, ed è come fosse luglio, o fine agosto, o giugno, come se a Cagliari i mesi contassero poco, come se nessuno volesse cedere alla logica dell'autunno, e tutti stanno parlando della Capitale della cultura, chissà come andrà, chissà chi vince, e tu sei lì sdraiato sulla sabbia e leggi un romanzo giallo inglese che racconta di spie nella brughiera e foreste polacche e neve e pioggia battente e intorno a te sono tutti sorridenti e all'improvviso hai centomila ricordi nella testa, degli anni del liceo e di quando tornavi da Londra per un fine settimana e non riuscivi a trovare mai la forza per ripartire, di quando vivevi a Castello e il Poetto era a quindici minuti di bici e non c'era giorno di sole in cui non ci andavi, e all'improvviso capisci sei a casa tua, li mortacci tua, e quant'è bello avere queste case senza possedere niente, questi luoghi in cui sei senza dubbio a casa, sdraiato su una spiaggia o in piedi tra gli studenti e i lavoratori in un tram mattutino, quant'è bello questo tardo pomeriggio di tardissima estate, quant'è alto e terso il cielo, ma quanto.