Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Un'impronta digitale sul futuro della Sardegna

Fonte: L'Unione Sarda
20 ottobre 2014

Conclusa ieri sera “Mitzas” al teatro Massimo di Cagliari

 

Per fare impresa digitale non basta dare un indirizzo internet a un'azienda tradizionale. E le imprese innovative, che creano nel cyberspazio posti di lavoro e ricchezza che poi calano sulla terra in quantità apprezzabile, non nascono a centinaia: ne spunta una ogni tanto, quando va bene.
Parlare di innovazione significa anche evitare la retorica sviluppista, probabilmente. E ieri mattina al teatro Massimo di Cagliari, per la seconda e conclusiva giornata di “Mitzas”, si sono alternati moniti e stimoli. Dei primi si sono incaricati Ketty Corona, presidente di Sardegna Ricerche, e Mario Mariani, fondatore di The Net Value, primi protagonisti dell'incontro “Flash forward” coordinato da Nicola Pirina.
Dopo aver spiegato che non basta aggiungere una @ a una ditta per fare impresa digitale, Corona aggiunge che Wired calcola il giro d'affari telematico dei prossimi dieci anni in 15 trilioni di dollari: «Solo un pazzo può volerne stare fuori». Quindi tutti dentro, ma con competenza e identità. Per esempio ricordando che dare spazio tecnologico all'artigianato significa vendere in tutto il mondo, dando soddisfazione al cliente nel momento stesso in cui si accorge di desiderare il prodotto che la rete gli ha fatto scoprire.
A proposito di scoperte, quando la nostra rete dell'istruzione scopre il web generalmente lo fa tardi, chiosa Mariani. Ci sono iniziative interessanti come il Contamination Lab dell'Università di Cagliari, che fa sperimentare a laureati e laureandi la creazione di una impresa innovativa e poi li mette a confronto con possibili investitori. Però «il figlio di un mio amico, sedicenne, è andato in Texas con Intercultura e si è ritrovato a farlo in classe». Morale: per creare eccellenze servono individui eccellenti, e in questo la scuola è insostituibile.
Un incoraggiamento arriva dall'università, nel talk successivo, e precisamente da Ivana Pais della Cattolica di Milano, che studiando le reti sociali ha notato come molti passi avanti della medicina siano arrivati non dai grandi centri, dove tutt'al più si innovano le pratiche tradizionali, ma dai dottori di periferia, autori di vere rivoluzioni terapeutiche. Forse varrà anche per guarire il nostro futuro. ( cel. ta. )