- 3. Capitale europea della cultura: com'è andata nelle città premiate
Il titolo potrebbe valere decine di milioni di euro
In ballo, ovviamente, ci sono anche i soldi. Soldi (pochi) dall'Unione europea, soldi dallo Stato italiano e, la parte più ghiotta, soldi generati dal titolo: perché a tradurre in moneta effetti tipo l'aumento della visibilità internazionale o quello delle presenze turistiche, il titolo di Capitale europea della cultura fa registrare cifre milionarie.
IL PREMIO EUROPEO Insieme alla nomina, dall'Unione europea arriva anche un premio: un milione e mezzo di euro, in onore di Melina Mercouri, la fondatrice del concorso. La Capitale deve comunque dimostrare di aver rispettato tutti gli impegni assunti e aver attuato tutte le raccomandazioni formulate dalla commissione internazionale in fase di selezione e, successivamente, di monitoraggio del percorso di avvicinamento all'anno in cui la città resterà in carica.
LA PARTE DELLO STATO Poi ci saranno dei soldi italiani. «Dallo Stato ci si aspetta uno stanziamento per la città vincitrice», spiega Enrica Puggioni, assessore comunale alla Cultura, in prima fila nella corsa della città verso il titolo: «Come ha dichiarato da poco anche il sindaco, c'è un impegno legato al Coordinamento Italia 2019». Il guaio è che è difficile dire quanti soldi arriveranno da Roma: l'ultima città italiana a essere stata nominata Capitale europea è Bologna, «ma era il 2000 - sottolinea l'assessore - e il regolamento era diverso da quello attuale». Basti dire che proprio nel 2000 il concorso cambiava denominazione (da “città” a “capitale” europea) e si passava dal titolo individuale (una vincitrice per anno) a quello condiviso: quell'anno le Capitali furono addirittura nove, per poi scendere alle due attuali a partire dal 2001. Insomma, non ci sono termini di paragone. Si confida nella generosità di Roma, ma visto lo stato di salute delle casse pubbliche, di questi tempi, conviene non esagerare con l'ottimismo.
GLI EFFETTI DEL TITOLO La realtà è che le aspettative si concentrano sugli effetti generati dall'ottenimento del titolo. Uno dei primi lo ricorda la stessa Enrica Puggioni: «La candidatura produce un parco di progetti per cui poi puoi chiedere e ottenere altri finanziamenti europei, e rafforza la posizione di una città tramite partenariato, per cui come amministrazione sei più accreditato all'accesso a fondi cui altrimenti non avresti avuto accesso». Insomma, candidandosi si impara (anche) a chiedere finanziamenti internazionali.
Agli effetti generati dal titolo è dedicata gran parte di uno studio pubblicato dieci mesi fa dal Parlamento europeo, “European capitals of culture: success, strategies and long term effects” , ricco di dati e analisi. Ed ecco cosa è successo nel breve e nel lungo termine alle città che negli anni scorsi hanno ricoperto il ruolo di Capitale. Gli esperti del dipartimento per le Politiche interne distinguono gli effetti in varie categorie: culturali (quelli ritenuti più importanti), economici, sociali, politici. Posto che ciascuna categoria finisce poi per avere effetti sull'economia, è interessante andare a vedere quelle specificamente economiche. La parola chiave, qui, è turismo: l'aumento di presenze nelle Capitali che hanno puntato molto su questo settore è stato, a volte, impressionante. «La città che ha avuto l'incremento minore ha comunque avuto 2 milioni di visitatori in più della media», sottolinea Enrica Puggioni riferendosi al caso di Linz, in Austria, nel 2009. «E a partire dal turismo si muove tutto un sistema, dalla logistica al manifatturiero, coinvolgendo tutto il tessuto produttivo locale, tutta la comunità».
Marco Noce