- 6. Capitale europea della cultura 2019: debolezze e punti di forza
I sindaci delle altre concorrenti valutano la città
Vedi tutte le 5 foto
Cagliari vista dai sindaci delle altre cinque città in corsa per il titolo di Capitale europea della cultura 2019? Fabrizio Matteucci, 57 anni, a capo dell'amministrazione municipale di Ravenna dopo una lunga carriera politica tutta a sinistra (Fgci, Ds) reagisce come alla vista di un serpente. «Non parlo assolutamente delle altre candidate, ci mancherebbe: non giudichiamo. Nel modo più assoluto. Basta che mi scappi mezza parola, capisce: non è il caso. Dirò solo che in finale sono arrivate sei città meravigliose. Tutte. E quindi vinca il migliore e vinca l'Italia». Ma almeno pensano di avere delle buone chance di vittoria, nella città dei mosaici bizantini e della tomba di Dante? «Siamo sereni, abbiamo fatto il nostro dovere e ora aspettiamo il verdetto».
Salvatore Adduce, 59 anni, sindaco di Matera, anche lui un curriculum virato rosso (Legacoop, Pci, Ds, un mandato da deputato e uno da senatore), è invece un fiume in piena: «Parlare di Cagliari? Con grande piacere. Tanti cagliaritani e tanti sardi visitano la nostra città, e io ho un rapporto personale con i sardi perché sono originario di Ferrandina, uno dei due poli petrolchimici della Basilicata. L'altro era Pisticci, dove c'era uno stabilimento, l'Anic Fibre, che ne ha uno gemello in Sardegna, a Ottana: molti sardi sono venuti qui per lavoro, molti ci sono rimasti a vivere. Ricordo tecnici giovani e capaci, e tante battaglie condivise in difesa del lavoro. A Cagliari sono stato solo di passaggio: nel 2007, in vacanza, sono sbarcato a Olbia e ho girato quella parte dell'Isola; ho noleggiato un'auto e sono andato in pellegrinaggio alla casa di Fabrizio De Andrè». Cagliari, per la città dei Sassi, è un'avversaria temibile? «Il suo arrivo in short list è stato una sorpresa per tutti: non era fra le città che hanno iniziato per prime il percorso verso la candidatura, l'abbiamo scoperta in seconda battuta. La presenza di una città sarda mi sembra un elemento di forza di per sé, perché la dimensione dell'insularità è portatrice di valori evocativi molto forti. C'era anche Palermo, in corsa, ma la Sardegna mi sembra interpretare meglio il tema dell'Isola. Questo è uno dei punti di forza della candidatura di Cagliari, insieme al grande giacimento culturale: rappresenta una porta che si apre verso il Continente a partire da una dimensione di insularità, con una notevole messa in cantiere di programmi e progetti».
Il sindaco di Lecce, Paolo Perrone (47 anni, famiglia di imprenditori agricoli, papà deputato con la Dc nel 1992, laurea alla Bocconi e specializzazioni a Stoccolma, Parigi e di nuovo Milano), in sella dal 2007 con maggioranza di centrodestra, a Cagliari c'è stato: «Anni addietro: all'epoca avevo interessi imprenditoriali nel campo della grande distribuzione (è stato amministratore delegato della Gieffe srl, ndr) . Ricordo una città bella, ordinata». Quali i punti di forza della candidatura cagliaritana visti dalla “Firenze del sud”? «Dietro ogni città c'è un territorio. Con Lecce ci sono il Gargano e la Puglia, con Cagliari la Sardegna: per tradizioni e potenziale turistico, ha tutte le carte in regola per diventare capitale europea della cultura. Poi c'è un altro discorso». Quale? «Dal 1985, quando è nato il concorso, le tre italiane che hanno vinto sono tutte del centro-nord. Poiché il prossimo turno, per l'Italia, sarà nel 2033, se questa volta non vince una città del sud significherà che il Mezzogiorno per cinquant'anni non avrà diritto a questo riconoscimento. Quest'anno abbiamo tre candidature forti di città del sud: Lecce, Cagliari e Matera; secondo me la vincitrice dovrebbe essere una di queste tre».
Marco Noce