VENERDÌ, 30 GENNAIO 2009
Pagina 4 - Sardegna
CAGLIARI. «Erano Consapevoli di distruggere il Poetto», I giudici hanno deopositato i motivi della sentenza pronunciata contro i responsabili dello stravolgimento della spiaggia dei cagliaritani. Capitolati elusi, trascurati i rischi, sistemazione di sabbia diversa da quella del litorale nonostante fosse possibile il prelievo in cave o addirittura nel deserto africano. Che la sabbia fosse il bene più grande del Poetto, del resto, il consiglio comunale l’aveva ricordato in un ordine del giorno del 1998. Quella ricchezza è sparita per una sequenza spaventosa di errori e di leggerezze commessi da amministratori, dirigenti e consulenti della Provincia. Errori che i giudici del tribunale Francesco Sette, Giampaolo Casula e Silvia Badas hanno valutato e ricostruito nelle 313 pagine che motivano la sentenza che il 4 luglio scorso ha chiuso il processo per il ripascimento-disastro con otto condanne, più altre due col rito abbreviato. Una certezza su tutte, espressa chiaramente dai giudici: «Il Poetto, nel momento in cui venne compiuto il disastroso intervento, era una spiaggia che specie in alcuni tratti mostrava indubbi segni di erosione o comunque di arretramento ma restava comunque per la gran parte un sito ambientale di eccezionale bellezza, da tutelare sopra ogni altra esigenza. Laddove non fosse stato in assoluto possibile reperire sabbie idonee - ma non è così, vista la possibilità offerta dalle vicine cave, oltre a quella di approvvigionarsi di sabbie del Sahara dalla Tunisia - potevano essere intraprese altre opzioni, quali barriere e pannelli sommersi, pur inizialmente escluse, che tutelassero meglio le caratteristiche del litorale. Niente e nessuna delle autorità si era mai espressa per un ripascimento con sabbia qualsivoglia». Affermazioni chiarissime quelle del tribunale. Destinate a sgombrare il campo da alcune argomentazioni difensive e dalla tendenza a definire ineluttabili le scelte sul Poetto.