Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

«Quella barbarie non si può scordare»

Fonte: L'Unione Sarda
28 gennaio 2009

Prefettura. I racconti nella cerimonia in occasione della Giornata della memoria 

Storie di shoah e deportati, emozioni sul filo dei ricordi
Il prefetto Gullotta ha premiato tre reduci dei campi di concentramento nazisti.
Una ferita difficile da rimarginare, che rende doloroso rivivere - anche attraverso i racconti - l'orrore dei campi di concentramento. Ma le parole della memoria scorrono ugualmente come un fiume e risuonano in una delle sale del Palazzo viceregio, nel giorno della consegna delle medaglie d'onore agli ex deportati, nel Giorno - appunto - della memoria.
IL RICORDO Per non dimenticare, per dare voce alle testimonianze di chi ha vissuto una delle pagine più nere della storia e ancora oggi ne può parlare, di chi ha visto donne seviziate, bambini scagliati contro i fili percorsi della corrente elettrica e amici morire, a 64 anni di distanza dal giorno in cui furono abbattuti i cancelli del lager di Auschwitz.
LE STORIE Enzo Aloisi (84 anni, di Cagliari), Modesto Melis (88, di Carbonia), Giorgio Talmassons (82, di Decimomannu) hanno ricevuto dal prefetto Salvatore Gullotta, affiancato dal sindaco di Cagliari Emilio Floris, dal presidente della Provincia Graziano Milia, dai sindaci dei loro Comuni di residenza e dalle autorità militari della Sardegna, le medaglie d'onore attribuite dal Presidente della Repubblica. La cerimonia era dedicata a loro, ex internati, e al ricordo delle vittime della Shoah, con il pensiero rivolto anche ai due ex deportati deceduti Giovanni Porcu e Giovanni Melis (le due medaglie sono state consegnate, sempre ieri, ai parenti).
LA MEMORIA Ha visto con i suoi occhi e vissuto sulla sua pelle il dramma di Mauthausen Modesto Melis, originario di Gairo e residente a Carbonia. «Ero paracadutista, ma sono stato arrestato a Firenze nel 1944. In seguito sono diventato un internato politico». L'impatto con il campo austriaco è stato terribile, ma «mi sarebbe potuta andare peggio. Il mio compito era quello di montare le radio negli aerei, e il lavoro non era poi tanto difficile». Le scene a cui ha assistito non potranno mai essere cancellate: «A una donna ebrea, un giorno, è stato strappato dalle braccia il bambino, che era molto piccolo, e scagliato con violenza sul reticolato percorso dall'elettricità. Ai prigionieri venivano staccati lembi di pelle tatuata, che venivano poi stirati ed esposti». Tutto questo, facendo attenzione a non entrare nei particolari, Modesto Melis lo racconta «anche agli studenti, che piangono, ma devono sapere».
I REDUCI Enzo Aloisi, nato a Civitavecchia e oggi cagliaritano a tutti gli effetti, riesce a scherzare: «Dopo tutto quello che abbiamo visto, il resto della nostra vita non sarebbe potuto essere più leggero». Ex allievo ufficiale della Marina, diventato poi ufficiale, mostra la targhetta in ferro che ha accompagnato i momenti più bui della sua vita: «È segnato il nome del campo, Stalag, e il numero del prigioniero, il mio numero. Lavoravo in una fabbrica di alluminio, che si trovava a poco distanza dal campo, dove rientravamo la sera a dormire».
IL CIVILE L'unico civile, ieri, era Giorgio Talmassons, originario di Gorizia. La sua storia inizia in una stazione ferroviaria nell'attuale Slovenia, dove lui era allievo capostazione: «Lavoravo all'ufficio del telegrafo, ricevevo i telegrammi sul passaggio dei convogli militari e sul trasporto di truppe». E Talmassons, insieme ad altri quattro colleghi, dava le soffiate ai partigiani, che facevano saltare in aria i convogli: «Ma siamo stati scoperti e internati. Io sono stato destinato Eisenerz, periferia di Mauthausen, e il mio lavoro era quello di scaricare il carbone dai vagoni. La notte, quando lanciavano gli allarmi aerei, sfidavamo le bombe per andare a cercare cibo nei convogli ferroviari».
MARIANGELA LAMPIS

28/01/2009