CAGLIARI. Con una mozione in Consiglio Fi e gli altri gruppi dell’opposizione chiedono alla Giunta di non cessare il contenzioso con il governo sulle entrate, come previsto dall’accordo sul nuovo...
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CAGLIARI. Con una mozione in Consiglio Fi e gli altri gruppi dell’opposizione chiedono alla Giunta di non cessare il contenzioso con il governo sulle entrate, come previsto dall’accordo sul nuovo Patto di stabilità raggiunto quest’estate. Anzi, l’esecutivo deve impugnare «anche gli ultimi atti che sottraggono risorse ai sardi», come spiega la vicecapogruppo Alessandra Zedda. «È necessario portare il governo davanti ai giudici costituzionali anche per il decreto Sblocca Italia, in cui si recepiscono i contenuto dell’accordo Pigliaru-Padoan, che scippa le entrate spettanti alle Regioni autonome e, in particolare, alla nostra, visto che, a differenza della Sicilia», aggiunge l’ex assessore regionale al Bilancio, «la Giunta non ha inserito nei patti alcuna clausola che ci proteggesse dalla rapacità della Ragioneria di Stato».
«Il governo sta violando lo Statuto sardo e, così facendo, depreda risorse ai sardi», afferma Zedda. «Il presidente in Consiglio ha affermato che al primo segnale di slealtà avrebbe reagito: bene, aspettiamo che venga in aula per annunciare quali azioni intende intraprendere, senza delegare compiti così delicati a un assessore (Paci, ndr), che ha dimostrato tanta timidezza nei confronti del governo quanto protervia nei confronti dei sardi, sottovalutandone la capacità di distinguere tra un accordo storico e una fregatura, e del Consiglio».
«Non vorremmo che qualcuno in viale Trento», prosegue la vicecapogruppo di Fi, «stesse pensando di ricorrere ai mutui, sulle spalle dei sardi, perché non ha il coraggio di chiedere a Renzi quanto ci spetta di diritto: oltre al danno sarebbe una beffa e, soprattutto, un subdolo tentativo di ingannare i sardi». Ai «professori», interviene l’ex presidente della Regione Ugo Cappellacci, «bastano cinque minuti di umiltà per ribaltare la situazione: vengano in Consiglio, ammettano l’errore grossolano compiuto, non ritirino i ricorsi».