Le ipotesi legate ai legni dello scafo, alle tecniche costruttive e una pipa da tabacco
Primi indizi sul relitto del 1600 “indagato” dagli archeologi
Tutti gli indizi portano in Inghilterra. I legni di quercia di ordinate e chiglia, le tecniche costruttive dello scafo, ancora di più una piccolissima pipa da tabacco recuperata dagli archeosub nel sito sommerso davanti al lungomare di Sant'Elia, neppure duecento metri dalla terraferma e su un fondale di circa due metri. Un relitto di un'antica nave da trasporto scoperto tempo fa e ora in parte indagato dagli esperti della Soprintendenza archeologica cagliaritana che avranno il compito di dargli un'esatta datazione (si parla di un'imbarcazione dei primi del 1600) e ricostruirne il lungo viaggio dal mare del Nord fino alla Sardegna.
L'ESPERTO «È adagiato su una secca che corre parallela alla costa che tra l'altro è stata indicata con precisione nelle carte topografiche elaborate dai francesi nel 1700 e 1800», racconta l'archeosub, Ignazio Sanna. «Documenti che ne mettevano in risalto la pericolosità e il rischio d'incaglio e che davano anche importanti indicazioni ai naviganti sui punti d'ancoraggio sicuri che si trovano più al largo, a poco più di un miglio dal litorale. In queste carte nautiche c'erano anche ulteriori indicazioni per ritrovare i punti per un ancoraggio sicuri, come i riferimenti a terra, per esempio la chiesa di Sant'Eulalia da traguardare con la torre». È qui che si mettevano alla fonda i velieri da cui l'equipaggio raggiungeva terra a bordo di piccole imbarcazioni. Ed è qui che i subacquei hanno anche rinvenuto altre emergenze tra cui ceramiche di epoca romano-imperiale, a dimostrazione della frequentazione, nei secoli,
di queste acque.
IL ROGO «Esaminando il relitto - spiega Sanna - abbiamo scoperto che a bordo si era verificato un incendio. Lo testimoniano i legni bruciati ma anche vasellame di vetro fuso dal calore. Le prime indagini, che avranno necessità di ulteriori approfondimenti, ci spingono a ipotizzare un'origine inglese della nave costruita con legno massiccio di quercia, con i madieri piuttosto ravvicinati tra loro. Caratteristiche che ci rimandano appunto al 1600 e al tipo di costruzione nordica». Tasselli di un mosaico tutto da comporre. «Che potrà essere fatto con una campagna di scavo», dice Sanna.
CERAMICHE Nelle acque di Sant'Elia e nel sito in questione sono state anche recuperati frammenti di ceramica con parti di bolli (da esaminare ancora attentamente) e boccali da birra e vino di produzione inglese. «Altro elemento, una piccola pipa con il fornello di due centimetri e parte della cannula in terracotta, anche questa di tipo inglese. La si usava nel 1500, quando il tabacco era stato importato dall'America. La sua diffusione e il suo utilizzo aveva spinto gli inglesi a produrre le prime pipe. Decenni dopo, in pieno 1600, le pipe acquistarono dimensioni maggiori».
L'ARDESIA Altro indizio, lastre d'ardesia. Materiale cavato anche in Sardegna ma soprattutto nel Galles. Le indicazioni sulla provenienza della nave cominciano ad essere numerose, tanto da consentire una prima ipotesi su questo relitto lungo una trentina di metri. Un rinvenimento che potrà svelare altre preziose informazioni sulla storia di Cagliari. Almeno quando sarà dato il via allo scavo per un sito che finirà all'interno del porticciolo per la piccola pesca previsto a Sant'Elia. Un'opera che ha subìto una variante per la presenza di questa importante emergenza archeologica. «Sant'Elia la stiamo riscrivendo», ricorda l'assessore alla Cultura, Enrica Puggioni. «Interventi che terranno conto anche della valorizzazione di questo patrimonio storico ritrovato nel Golfo. Non dimentichiamoci che il museo archeologico di piazza Indipendenza avrà una nuova vita e chissà, magari potrà ospitare i reperti. Nell'ambito della candidatura di Cagliari capitale europea della cultura stiamo incentivando, d'intesa col ministero, i rapporti con una prestigiosa istituzione museale. Siamo conosciuti per la civiltà nuragica e per il nostro patrimonio archeologico. A noi il compito di gestire tutto questo».
Andrea Piras