"Weapon of choice" è un progetto nato per dimostrare attraverso ritratti fotografici, il dolore causato dagli abusi verbali.
Stupido, grasso, brutto, ritardato, quattrocchi, sono frasi che soprattutto i bambini sono costretti spesso a sopportare, termini offensivi, umilianti, derisori. Per aprire una riflessione sulla violenza legata all'abuso verbale e sul bullismo, fatto spesso di continue prese in giro con parole e soprannomi sgradevoli, il fotografo americano Richard Johnson ha preso parte al progetto "Weapon of choice" (Arma di scelta) nato per dimostrare attraverso una serie di ritratti fotografici, che il dolore causato dagli abusi verbali, anche se all'apparenza invisibile, è capace di lasciare profondi segni sulla persona. Le foto pubblicate nel sito Hurtwords rappresentano soprattutto minori, che, avvertiti delle finalità del progetto, sono stati invitati a scegliere su una lista di parole offensive quella che per loro aveva un significato specifico. Tra non poco imbarazzo e timidezza, i bambini sono riusciti ad esprimere con coraggio quelle che potevano "ferirli" di più. Una volta individuate, le parole sono state dipinte sui loro corpi da artisti del make up che le hanno tradotte in vere e proprie ferite, rendendo visibile il dolore. Gli scatti hanno preso maggiore senso e le frasi sono divenute lividi, lesioni, ematomi e piaghe, come i segni di vere e proprie percosse.
"Stupido" la più offensiva. Nella lista proposta c'erano parole molto forti, ma i più piccoli a cui sono state fatte scegliere, hanno identificato nella parola "stupido" la peggiore. Questo serve per imparare una lezione, spiegano i responsabili del progetto, perché "non si sa mai quali parole possono avere l'impatto più devastante sui bambini". Gran parte della violenza verbale rivolta invece alle adolescenti è di natura sessuale: "slut" (sgualdrina) è un termine che molte delle ragazze partecipanti hanno incontrato nella loro vita, ed è più di una definizione dolorosa, rappresenta un'accusa che tenta di sminuire e rovinare una reputazione, le storie che coinvolgono questo tipo di abuso verbale sono state spesso difficili da riportare. Molti bambini che hanno aderito al progetto sono stati vittime di bullismo, le storie da loro raccontate hanno colpito il gruppo di lavoro e gli stessi genitori, che, in alcuni casi, non avevano mai sentito parlare delle esperienze vissute dai figli.
Chi è coinvolto nell'abuso verbale? In quasi tutti i casi sono tre le persone coinvolte: la vittima, l'abusante e spesso un testimone, che, si legge nel progetto, se "assiste ad un abuso e non fa alcuno sforzo per fermarlo o segnalarlo ne diviene complice". L'abuso spesso è rafforzato non tanto dalla parola scelta quanto "dalla volontà di colui che la pronuncia". Le immagini suscitano diverse reazioni, il loro intento è quello di muovere verso una riflessione profonda, sensibilizzare all'uso corretto della comunicazione e porre attenzione alle ferite e ai danni emotivi che possono realmente causare alcune frasi, avendo consapevolezza che le "cicatrici emotive" della violenza verbale rimangono impresse nel tempo.