“E non potrei mai vivere”, pensa Crissanti in un martedì caldo di metà settembre, “in una città che non fosse o non si sentisse una capitale”, ma forse potrebbe, certo, tutto possiamo fare, ma quanto gli piace camminare per i banconi del mercato del pesce e sapere che ogni notte sono usciti degli uomini a sfidare il mare, tutte le notti a sfidare il buio sulle loro barche per portare a terra quel bendidio. “E non potrei mai vivere, credo, in un posto che non avesse da offrirmi questo spettacolo di cernie e caponi, scorfani e triglie e granchi, l'esplodere di colore di questi esseri che si sono per noi sacrificati, perché ci nutrissimo col sapore del mare e la sua magia”, cammina per il mercato in un martedì estivo di metà settembre, il Capitano barbaricino Martino Crissanti e pensa alla sua infanzia, a quanto poco abbia onorato da ragazzo la sua terra di allevatori e macellatori di bestie sacrificali innocenti e saporite, e quanto invece sin da allora sia stato attratto dall'andare in barca, dal respirare il mare, dalla paura per l'infida serenità di certe uscite notturne con la paura che cambi il vento e il ritorno si faccia rischioso. “Non potrei mai vivere in una città che non avesse un mercato così vivo e pieno di gente esperta di occhi di pesce, o forse potrei, certo, ma quanto mi piace di Cagliari quest'aria esperta dei suoi abitanti, che sanno che l'isola è soprattutto capretti e agnelli, pecora in umido e bistecche di bue rosso, e invece loro, gli isolani di questa specie di Capitale, loro sono friggitori di calamari e arrostitori provetti di qualunque pesce valga la pena portare in tavola”, quanto gli piace arrivare tardi a lavoro per aver perso tempo tra questi banchi, in quest'angolo di Cagliari che è Cagliari alla potenza massima, che è l'anima dei suoi abitanti, una delle anime, quella ciarliera e un po' vanagloriosa. A me non mi freghi, col pesce. Pesci così non ne trova, signora, Guardi che occhio, guardi come luccica, guardi che si muove ancora!, quanto gli piace sentirsi così forestiero, barbaricino in divisa ancora e sempre incantato da questa parlata strascicata e da queste vocali aperte, paesano in Capitale, forestiero curioso ed entusiasta. “Non potrei mai vivere a Busto Arsizio”, si dice Crissanti, e si chiede se sia troppo presto, per un cartoccio di mangiatutto fritti, con il limone e il piacere di sporcarsi le dita, e arrivare in ufficio così, clamorosamente colpevole, felice e sazio. “Busto Arsizio”, si ripete, e sorride.