Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Le vecchie frontiere che non esistono più

Fonte: L'Unione Sarda
27 gennaio 2009

Come è cambiata la città negli anni

Frontiere nuove e vecchie si sovrappongono negli anni, formando l'identità di una città. Spazi sconosciuti e senza regole, o conosciuti ma talmente cambiati che non si riconoscono più.
2009. La nuova frontiera è in qualche rialzo erboso non lontano dalla rotatoria di Monreale, dove ancora resistono i fichi d'India, sfrattati invece da via Stamira per via della nuova funzionale viabilità.
La nuova frontiera non balla con i lupi a Molentargius, ma con quei cani - tutti randagi? - che hanno devastato i nidi dei fenicotteri; e chissà quanti hanno visto ma hanno preferito fare gli indiani piuttosto che l'aiuto sceriffo. La lotta della frontiera riemerge al Poetto, con le radici degli eucalipto che sfondano l'asfalto, combattendo la contrapposta invasione degli umani, con le loro radici di tubi e fili.
Tra via Manno e via Azuni rimpiangi la vecchia frontiera degli anni Settanta e Ottanta, con quell'atmosfera di impegno sociale un po' vanesio e un po' arruffone forse, ma che ha regalato ai cagliaritani migliaia di serate davanti a incerti sipari piazzati in un appartamento o in un teatrino, con accanto il baschetto laico di Zappareddu o quello gesuita di Padre Guidubaldi; il baschetto, opportunamente inclinato, era una delle coccarde identificative dell'intellighenzia teatrale cagliaritana di fine secolo.
La vecchia frontiera la rimpiangi anche in via Iglesias, una volta piena della musica di Woody Guthrie, ascoltata dalla chitarra di Ciccio Solinas, un musicista cagliaritano che ebbe anche qualche successo nazionale, che sulla terra non c'è più, e dall'armonica di Eugenio Orani, un cantante cagliaritano che girava la Sardegna ma ha smesso di fare musica negandoci una voce nata per il blues. La prossima apertura del nuovo Teatro Massimo non fa invece rimpiangere la vecchia frontiera, perché rappresentata dallo stesso teatro ormai vecchio.
Ma la frontiera più vecchia e più nuova di sempre che incontriamo sul cammino dell'identità, è indicata da una targa stradale, quella di via Corsica, che ci ricorda l'isola dirimpettaia. Conosciuta già dai commercianti di ossidiana di qualche migliaio di anni fa, è su connottu preistorico dell'Arcipelago sardo corso toscano. Mai sommerso dalle acque, bello sì come una favola, ma reale. Altro che Atlantide.
CLAUDIO SUSMEL

27/01/2009