Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Ecco perchè licenzio 50 dipendenti

Fonte: L'Unione Sarda
12 maggio 2008

Porto canale. Francesco Stara racconta la crisi che ha messo in ginocchio la Iterc
«Ecco perché licenzio 50 dipendenti»
Il presidente: lo scalo commerciale non morirà in silenzio
Il presidente di una società che opera al Porto canale racconta la crisi e le speranze.
«L'abbandono della Maersk ci ha tagliato le gambe, costringendoci a mettere in cassa integrazione 50 dipendenti». Francesco Stara, 45 anni cagliaritano, da sempre sul fronte del porto, è il presidente della Iterc, impresa che per anni si è occupata delle operazioni di carico e scarico delle navi al Porto canale. Giovedì, in un acceso incontro con i sindacati, ha comunicato quello che era nell'aria da un anno: crisi nera e cassa integrazione straordinaria a zero ore. Da quando la Maersk ha lasciato il Porto canale, nubi nere hanno oscurato la sopravvivenza della sua impresa e di altre collegate con lo scalo commerciale. Un disastro. Sono a rischio 400 buste paga. Vietato alzare bandiera bianca: il 12 giugno la Contship che controlla la Cict (gestore del porto canale) farà il punto sugli accordi con la compagnia francese Cma.
LA STORIA Nella palazzina bianca del porto vecchio, che un tempo ospitava gli alloggi della Guardia di finanza, ora c'è la sede della Iterc. «Una società nata da una costola della Compagnia portuale», racconta Stara. «Abbiamo lavorato con successo in collaborazione con la Cict e la stessa Compagnia portuale. Le navi container avevano preferito Cagliari. Abbiamo vissuto un boom economico: due anni fa avevamo alle dipendenze più di 80 dipendenti». Poi il tracollo. «Da maggio dell'anno scorso c'è stato un calo delle commesse, diminuite di oltre l'80 per cento. Il crollo non era nell'aria e ci ha spiazzato, anche perché i primi quattro mesi del 2007 sono stati positivi. All'inizio si parlava di calo fisiologico. Di assestamento commerciale delle rotte di navigazione. Altro che. Da allora nessuna nave ha più scaricato un container a Cagliari. A ottobre ci siamo ritrovati con un buco di bilancio del quale non vedevamo il fondo. E c'erano da pagare gli stipendi: quasi 100 mila euro al mese. Per noi è stata un mazzata. Abbiamo cercato di tenere duro sino ad aprile del 2008, di attenuare le spese per non mandare nessuno a casa. Ci sono famiglie da sfamare, mutui da pagare. Sempre nella speranza di veder ripartire il porto».
LA MAZZATA Il 30 aprile arriva un bastimento carico di brutte notizie. La nave della Maersk Sally carica gli ultimi container vuoti e parte diretta a Malta. «All'orizzonte nessuna compagnia. Ci siamo guardati in faccia - continua Stara - e a malincuore abbiamo preso l'unica decisone possibile: cassa integrazione a zero ore per un anno. Un provvedimento necessario in attesa di conoscere se le trattative con la nuova compagnia di navigazione sono andate a buon fine. Abbiamo scelto la strada meno dolorosa per i lavoratori, avremmo potuto decidere sulla mobilità. Ma sono certo che qualcosa accadrà, il Porto canale non può morire così. Le infrastrutture ci sono, così come le risorse umane sono ottime. Con questi due elementi possiamo battere la globalizzazione che sposta i traffici dove la mano d'opera è quasi gratis. E poi - aggiunge Stara - sfatiamo la leggenda di costi e servizi cari: i prezzi sono in linea con gli altri porti del mediterraneo».
L'ANALISI C'è un problema mica da poco: i tempi. Bisogna fare in fretta. Il Casic ha messo paletti, la Cict sta continuando a pagare stipendi per lavoratori costretti all'inattività. Questa situazione non può durare a lungo. Come si esce rapidamente dalla crisi? «Bisogna attirare le compagnie. E qui deve entrare in gioco la politica». Con la Zona franca? «Sarebbe una botta di vita per il Porto canale. Senza dazi e balzelli i colossi della navigazione sceglierebbero certamente Cagliari. Una cosa sia ben chiara - conclude Stara - il Porto canale non morirà in silenzio».
ANDREA ARTIZZU