Rassegna Stampa

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Via Mameli, museo, foresteria e ristorante nell’antico convento. Ecco il progetto

Fonte: web cagliaripad.it
21 agosto 2014


20 Agosto 2014 ore 11:39

 

Il Comune approva il piano di restauro della Colors, c’è anche il sì condizionato della Soprintendenza. Recuperati fregi e pitture, cadrà l’attuale muro in blocchetti sulla strada. Ma saranno costruiti nuovi volumi

Ennio Neri,
e.neri@cagliaripad.it


 

Museo, foresteria e ristorante. Rinasce così l’antico convento di San Francesco di Stampace, monumento gotico di via Mameli (a pochi passi dal largo Carlo Felice, nel cuore della città), ricco di archi, fregi, volte decorate e pitture antichissime e recenti (sono spuntati gli affreschi del periodo in cui il chiostro ospitò la sede del Partito Sardo D’Azione), in gran parte sconosciuti ai cagliaritani. Le rovine del convento francescano sono state acquisite qualche anno fa dalla Colors srl (proprietaria del palazzo della Rinascente) dell’imprenditore sanlurese Carlo Scano (considerato vicino all’ex presidente della Regione Renato Soru) che ha ottenuto pochi giorni fa il via libera dal Comune e dalla Soprintendenza (un sì condizionato da alcune prescrizioni messe nero su bianco in sede di conferenza di servizi) per il piano di recupero.

E così dove secoli fa pregavano e abitavano i francescani sorgeranno presto spazi espositivi, un ristorante, il bookstore e la foresteria. Grazie anche ai nuovi volumi che verranno ricostruiti (“filologicamente”, dopo lo studio delle vecchie carte e delle tracce ancora presenti, assicurano i proponenti) al di sopra delle antiche strutture. E verrà buttato giù l’orrendo muro in blocchetti non intonacato che oggi nasconde il monumento ai passanti di via Mameli.

La storia. Ormai inglobata dalle abitazioni private, l'area dell'antico convento di San Francesco si trova fra il corso Vittorio Emanuele II e via Mameli. Le origini sono antichissime: due documenti d'archivio attestano la vendita di quattro terreni ai minori conventuali nel 1275, con la delimitazione dei confini entro cui poteva impiantarsi la loro nuova fondazione a Stampace. Il complesso, comprendente la chiesa, il chiostro e il monastero, fu ampliato a partire dal XV secolo.

Rivestì una fondamentale importanza non solo per la vita religiosa della città, ma anche per la società borghese e mercantile, la quale contribuì all'abbellimento della chiesa con sculture e retabli, (oggi in gran parte nella Pinacoteca Nazionale cittadina). Il primo novembre 1871 il campanile della chiesa fu colpito da un fulmine, che portò al successivo crollo della travatura del tetto l'11 gennaio 1875, segnando l'inizio del processo di degrado e la fine del complesso monumentale, demolito per far luogo a edifici di abitazione. Il canonico Spano, che visitò il sito negli anni precedenti la rovina del complesso, lo descriveva come: "il più bel chiostro dei conventi della Sardegna formato in quadrato con architettura gotica, e con archi che nei capitelli e nel mezzo della volta sono ornati di Santi, e di figure mostruose scolpite".

Scomparsa la chiesa, dello splendido monumento resta in piedi oggi quasi integro il chiostro e e il refettorio. Dichiarato di interesse pubblico già nel 1939 e restaurato negli anni 1990–1992, è rimasto a lungo in un limbo giuridico a causa di un braccio di ferro tra al proprietà e la Soprintendenza ai Beni Ambientali e Architettonici di Cagliari che l’11 novembre 1995 ordina di far cessare “l’attuale utilizzazione fortemente dannosa” e di provvedere al consolidamento e restauro dell’edificio, previa presentazione alla stessa Soprintendenza di un adeguato progetto.

Seguiranno anni di ricorsi presso il Tar e il Consiglio di Stato e altrettanti provvedimenti da parte della Soprintendenza, volti a interrompere l’utilizzazione impropria dell’edificio e a ordinarne il consolidamento e il restauro. Fase tormentata che si conclude solo il 13 novembre 2007 con la completa riconsegna dell’immobile, libero da persone e cose, alla precedente proprietà.

Il progetto. Oggi la Colors dichiara di aver pienamente recepito la prescrizione della Soprintendenza e ha presentato all’amministrazione comunale il progetto di restauro (redatto dallo Studio Professionisti Associati di Antonello Cabras, Carlo Caredda, Massimo Faiferri e Aldo Vanini) dopo aver commissionato una consulenza al Dipartimento di Ingegneria civile dell’Università di Cagliari, (architetto Caterina Giannattasio) ed aver avviato, d’intesa con la stessa Soprintendenza, un intervento campione su una delle volte del chiostro. La nuova struttura avrà al piano terra uno spazio per esposizioni permanenti e/o temporanee di arte contemporanea, un bookstore e un piccolo punto di ristoro e al primo piano altri spazi funzionali come un laboratorio per il restauro e una foresteria.

Sarà demolito il muro in blocchi di calcestruzzo non intonacato che nasconde la vista del monumento da via Mameli e verrà sistemato a verde lo spazio compreso tra il braccio sud e la Via Mameli. Saranno poi piantati alcuni ulivi, piante simboliche dell’Ordine Francescano.

I nuovi volumi. Ma ecco l’intervento più delicato: saranno infatti ripristinati, “sia pure in forma rigorosamente riconoscibile”, decisione che, per i redattori del progetto, “non nasce solo dalla ovvia e banale necessità di recuperare spazi alle funzioni previste dal progetto, ma anche per restituire al complesso, per quanto possibile, e nel rispetto della sua morfologia e all’interno della volumetria originaria, una forza di proporzioni con la quale confrontarsi con l’imponenza della cortina urbana che lo circonda”.

Così, dopo aver analizzato la documentazione iconografica fornita dallo studio di Dionigi Scano,  documenti fotografici e disegni d’epoca e le tracce presenti sull’esistente si è deciso “di ripristinare le volumetrie di cui si aveva certezza optando per un restauro estetico ma su base filologica, avendo cura, ovviamente, di rendere chiaramente riconoscibili i volumi ricostruiti da quelli originari”.

In particolare si é scelto di ripristinare: la sagoma dell’ala del refettorio (della cui parte superiore rimane un’ampia porzione della muratura e la traccia precisa della forma e delle dimensioni del tetto), il volume superiore del braccio est (quello su via Angioy), di cui permangono parti delle murature e la cui sagoma é immediatamente deducibile anche dalle fotografie d’epoca. I volumi ripristinati forniranno gli spazi per i locali di servizio della struttura museale che verrà insediata nell’edificio.

La Soprintendenza. Il via libera arriva il 27 giugno scorso. Un sì con alcune condizioni: è stata richiesta particolare cura nel recupero delle decorazioni murarie, definite “un unicum” di eccezionale valore storico ed architettonico nel panorama locale, la stessa cura dovrà essere dedicata al recupero dei due dipinti murari esistenti, testimonianza del momento storico in cui il chiostro fu destinato a sede del Partito Sardo d’Azione. Gli intonaci antichi dovranno essere possibilmente conservati e consolidati (ammessa la sostituzione delle sole porzioni effettivamente ammalorate ed irrecuperabili, o di quelle realizzate in epoche recenti, mentre dovranno essere preventivamente sottoposti al vaglio ed alla relativa approvazione della Soprintendenza i campioni relativi agli infissi e alla pavimentazione (ed in generale tutto gli elementi di arredo) innovativi rispetto alla struttura originaria. Poco filtra circa l’inizio e la durata dei lavori (che attendono ora solo la concessione edilizia), col dubbio che la mancata approvazione definitiva del piano particolareggiato del centro storico possa ritardare l’intervento.