Se saltasse l'accordo di programma, la Coimpresa chiederebbe indietro i suoi terreni
Il caso Tuvixeddu: all'orizzonte nuova grana per il Comune
Dopo la Regione, che di recente ha versato 84 milioni di euro nelle casse della Nuova iniziative Coimpresa, il prossimo risarcimento nell'annosa causa legale riguardante il colle di Tuvixeddu potrebbe coinvolgere il Comune. In questo caso non si parla di denaro ma di beni immobili: l'amministrazione cittadina rischia di dover restituire alla società di Gualtiero e Giuseppe Cualbu circa 40 ettari a ridosso della necropoli punica sui quali - secondo un accordo di programma firmato quattordici anni fa da azienda, Municipio, privati e viale Trento - sarebbero dovuti sorgere un parco urbano e archeologico e una serie di servizi rimasti invece fermi al palo dopo l'estensione dei vincoli voluta dalla Giunta di Renato Soru.
È una possibilità ancora remota ma da prendere in considerazione nel caso costruttori ed enti pubblici non trovassero un'intesa che soddisfacesse tutti sul futuro del colle. «Per noi l'accordo di programma è ancora in essere», avevano detto i proprietari della società dopo aver ottenuto il maxi bonifico dalla Regione: 77,8 milioni di euro più altri sei di interessi legali riconosciuti loro da un lodo arbitrale nel maggio 2013 per i danni subiti in seguito al blocco dei lavori sul colle. Ecco, quell'accordo (sottoscritto il 15 settembre 2000) prevedeva una serie di interventi su 48 ettari lungo via Is Maglias con la realizzazione di edifici residenziali, ville e strade. La Coimpresa aveva calibrato il suo progetto sul venti per cento totale dell'area, mentre aveva ceduto al Comune il restante ottanta per cento dei 485.579 metri quadrati perché vi realizzasse zone verdi e un grande parco urbano e archeologico. Inoltre erano da completare i servizi per i quartieri di edilizia economica popolare tirati su dall'amministrazione pubblica negli anni Ottanta per un totale di circa 158 mila metri cubi: una serie di interventi era stata interrotta per l'opposizione dei proprietari dei terreni, che avevano impugnato l'esproprio delle aree edificate. Era stato allora che Coimpresa aveva iniziato a studiare la possibilità di realizzare un progetto integrato arrivando all'accordo di programma del 2000 dopo un dialogo durato 15 anni: l'impresa cedeva le aree ottenendo in cambio un progetto condiviso da realizzare.
L'azienda nel tempo ha demolito i capannoni industriali che insistevano in quell'area sin dagli anni '50 e '60, bonificato le aree industriali, messo in sicurezza dei fronti di cava e realizzato parte delle opere di urbanizzazione versando i relativi oneri per la volumetria complessiva di tutti gli edifici previsti. Poi il blocco degli interventi voluto dalla Regione e le cause legali, che hanno visto diversi e contrapposti pronunciamenti: quello del Consiglio di Stato, il quale nel 2011 riferendosi ai 120 ettari complessivi del colle stabilì che la Regione non sbagliò a imporre i nuovi vincoli previsti dal Ppr e ad annullare le concessioni per la costruzione degli edifici; quello del lodo arbitrale, che un anno e mezzo fa riconobbe 77,8 milioni di euro a Coimpresa come risarcimento (il giudizio di merito è previsto nel 2016). Ora, se il progetto iniziale non dovesse essere realizzato, l'attenzione cadrà sull'eventuale restituzione dei 40 ettari.
Andrea Manunza