Don Vasco Paradisi è in ogni angolo del borgo Sant'Elia. Il mitico parroco ha lasciato un segno indelebile nella comunità, in quei tempi povera ma dignitosa, accusata troppo spesso ingiustamente di colpe mai commesse. Era uno di loro. Il prete rosso è sacerdote e intellettuale di prim'ordine, arrivato nel rione dei pescatori nel 1968, dove è rimasto per quasi vent'anni. La storia di don Vasco, marchigiano di nascita ma cagliaritano d'adozione, è legata agli anni caldi del borgo. Anni difficili, infiammati dalla lotta per la casa, della quale il sacerdote si fece portavoce diventando il simbolo dell'intera città. Ora don Vasco, anche se il titolo giusto è monsignore, vive in Abruzzo, vicino all'Aquila, in una residenza che assiste sacerdoti afflitti da malattie (lui ha superato due ictus). Sempre in prima linea contro i soprusi, le ingiustizie, le tre M (massoneria, medicina, mattone) che in quegli anni si spartivano lo sviluppo urbanistico e gli affari nel capoluogo. «I figli dei ricchi che devono studiare, mentre gli altri no»: Contro queste ingiustizie - diceva a un giornalista della Rai - esiste solo una via d'uscita: il possesso della parola. Un sacerdote puro, onesto, al servizio dei più deboli, che tanto sarebbe piaciuto a Papa Francesco.
La regista Marilisa Piga, autrice del documentario sul quartiere, è riuscita a contattarlo telefonicamente nella casa di riposo. L'ha trovato lucido, come sempre. La presenza del sacerdote alla Festa del Borgo vecchio sarebbe stata accolta con entusiasmo da chi l'ha conosciuto e da chi l'ha sentito nominare. Sarà per la prossima volta. (a. a.)