L'opera di Marilisa Piga presentata nel borgo dei pescatori in festa Sant'Elia, com'eravamo
Quando si è rivisto non è riuscito a trattenere le lacrime. Il cuore è andato fuori giri in una tempesta di emozioni. Quel ragazzino di 12 anni della III B ripreso da una cinepresa mentre armeggiava con un ciclostile nella scuola media sperimentale Don Milani era lui. Il documentario Anni Settanta a Sant'Elia realizzato dalla regista Marilisa Piga arriva nel vecchio borgo di pescatori come un uragano di sentimenti. Turbamento, eccitazione, malinconia. È crudo, vero, girato quarant'anni fa da ragazzini guidati da una mano esperta (le immagini sono tutte a fuoco e i montaggi professionali). I bambini giravano scalzi negli sterrati, si divertivano a spingere a tutta velocità il carrello di uno spazzino (così si chiamavano allora) e dondolavano su una pericolosa altalena di fortuna realizzata tra i rami di un albero. I giovani con i pantaloni a zampa d'elefante e i maglioni girocollo armeggiavano con le reti mentre i vecchi seduti guardavano con meraviglia gli operatori . Lo stadio e il palazzetto dello sport si potevano ammirare senza ostacoli. Altri tempi, altre storie. Il Lazzaretto era una sorta di comune dove razzolavano galline e anatre. L'obbrobrio dei palazzoni del Favero era ancora lontano. Tutti si conoscevano e le porte delle case erano chiuse con lo spago.
I RICORDI Maurizio Fadda, il ragazzino del filmato, oggi fa l'elettricista. Vive ancora nel rione dov'è nato. Non risparmia critiche per la piazza di fronte al Lazzaretto «troppo piena di cemento», e ai palazzoni del Favero «dove chi abita all'ultimo piano è prigioniero in casa perché hanno murato gli ascensori». Ringrazia Marilisa Spiga e il suo documentario «perché ci ha ricordato come eravamo e l'importanza che ha avuto don Vasco Paradisi. Un sacerdote in trincea che ha contribuito a riavvicinare il borgo alla città». Il testimone del prete è stato raccolto da 12 donne dell'associazione culturale Sant'Elia Viva . Una pattuglia tutta al femminile davvero agguerrita. «Lottiamo perché Sant'Elia fa parte della città. Non ci vogliamo sentire emarginati», dicono Rita De Agostino e Rita Sabati. «Il rione è migliorato notevolmente, ma mancano allora come oggi gli spazi per i bambini. Le scuole medie sono state ristrutturate, ma sono chiuse da tempo e i piccoli sono costretti a emigrare nell'istituto di via Venezia. Nelle elementari - continuano - c'è solo una classe. Come pensiamo di far crescere il borgo se poi i più piccoli, la linfa vitale, non lo vivono»?
Le donne non risparmiano le critiche: «Abbiamo chiesto la cucina dell'oratorio, voluta da don Marco Lai, per organizzare corsi riservati ai ragazzi, ma il vecchio parroco ce l'ha negata. Don Vasco non l'avrebbe mai fatto».
ANNI SETTANTA Tante cose sono cambiate nel vecchio borgo dei pescatori. Di certo in meglio, viste le opere di recupero ancora in corso. «Non ho voluto fare una comparazione tra le immagini di 40 anni fa e oggi. Sarebbe stato troppo noioso». Marilisa Piga racconta il suo lavoro, nato quasi per caso e per questo ben fatto, presentato in occasione della festa del rione. Ha preferito andare alla scoperta di altro materiale sul quartiere. «Tutto è nato dalla scoperta fatta rovistando in un contenitore di latta dov'erano conservati i vecchi filmini di famiglia. Uno ha attirato la mia attenzione: c'era scritto semplicemente 16 minuti, colore». Era una bobina Super 8. «Pensavo a una ripresa di qualche matrimonio, invece era Una giornata a Sant'Elia ». Solo la prima parte del suo documentario. «Ho approfondito l'argomento e alla Cineteca sono riuscita a recuperare il capolavoro di Paola Coiana e dagli archivi Rai l'intervista a don Vasco».
Andrea Artizzu