Cresce il numero di famiglie indigenti, prende piede la novità dell'orto urbano
Erano 500 nel giugno del 2011, sono salite a 1300 tre anni dopo. I numeri del tracollo sociale ed economico in città stanno tutti qui, nell'impressionante salto in avanti compiuto in soli trentasei mesi dalle richieste di aiuto dei cagliaritani all'assessorato comunale ai Servizi sociali. L'amministrazione fa quel che può, ma le disponibilità sono ridotte: due milioni e 100 mila euro per circa 2.900 euro al mese di sussidi. Chi ha necessità si rivolge ogni trenta giorni all'assistente sociale che valuta come intervenire e poi passa la pratica al dirigente dell'assessorato competente, che firma il mandato sulla cifra da devolvere.
Certamente non basta, e in Municipio si pensa a soluzioni alternative e complementari quali una sorta di “social card” da utilizzare per acquisti alimentari. Nel frattempo però qualcuno si è guardato intorno per trovare un'eventuale scappatoia. Tra tutte, è venuta a galla l'esistenza di un terreno - un ettaro - nel quale professionisti, operai, studenti, cassintegrati, pensionati e soprattutto persone in difficoltà economica potevano prendere in carico 25 metri quadrati da coltivare come meglio si credeva. Il primo tentativo nel capoluogo di realizzare un “orto urbano” per sognare, in parte, l'autosufficienza alimentare: pomodori, zucchine, lattuga, fichi, pere, mele, fragole, nespole, carrubo, cipolle. Quasi il disegno proposto dal “Fai” per Cagliari in un convegno di due giorni fa.
Uno spazio che si sviluppa nell'ex cava alle pendici di Monte Urpinu, a lato di via Garzia, in uno dei quartieri più eleganti del capoluogo su un appezzamento privato (il proprietario vive a Milano) che l'iniziativa di Paolo Erasmo, militare dell'aeronautica in pensione, sta radicalmente trasformando «grazie al duro lavoro di tutti». Da novembre l'associazione “Agriculture” (per farne parte basta versare 35 euro all'anno utili a pagare l'assicurazione) ha assegnato i lotti a chi li chiedeva, poi l'angolo incolto ha cominciato a diventare qualcosa di diverso. «Vorremmo allargare l'esperimento alle servitù militari dismesse», spiega Erasmo, «abbiamo bandito pesticidi e fertilizzanti, sappiamo cosa mangiamo e coltiviamo i rapporti tra le persone». Con determinazione e passione «si può arrivare all'autosufficienza». Un primo passo per chi è in difficoltà. «C'è un problema però», spiega Erasmo: «Manca l'acqua. Ognuno deve portarsela ogni giorno». Qui la buona volontà non basta. Serve l'aiuto del Comune. Ora ci sono bottiglie che, capovolte, rilasciano le gocce nel terreno piantumato. Un domani servirà un pozzo, il recupero delle acque piovane o il riciclo di quelle reflue. All'ex cava si attende un segnale da via Roma.
Andrea Manunza
L'ideatore
«Oltre la frutta
coltiviamo
rapporti umani»
Non solo frutta e verdura ma anche incontri sociali, esibizioni musicali, recite di poesie. «È così che l'orto urbano porta a compimento il proprio scopo: coltivare i rapporti personali». L'idea di Paolo Erasmo procede spedita, in nove mesi 2 mila metri quadrati di terreno infertile si sono trasformati in camminamenti e appezzamenti sui quali, a volte con fatica, crescono finocchio, rosmarino, alloro, cavoli, bietole, violette, ravanelli, mirto. «La natura ha i suoi tempi, il percorso sarà lungo».
Vera Vettese è una dei soci che si occupano dell'orto. «Ho fatto tutta da sola», spiega sotto il sole di mezzogiorno, «il progetto, il disegno e il piccone. Ho anche regalato ad amici e parenti il frutto del mio lavoro». Come lei, un'altra quarantina di persone (per ora) dai 25 agli 80 anni «e di ogni classe sociale» che, zappa in mano, cercano di creare un proprio spazio verde. Qualcuno non aveva esperienza: «Se la sta facendo». Il progetto è stato sperimentato nell'ospedale di Is Mirrionis e nei centri diurni di Assemini e Selargius coinvolgendo i pazienti. «Un successo», giura Erasmo, «ed è solo l'inizio». (an. m.)