Rassegna Stampa

web Cagliari Globalist

Un anno fa sono state commissariate le nuove province

Fonte: web Cagliari Globalist
3 luglio 2014


La politica non può stare a guardare: il Medio Campidano ha le potenzialità per diventare il cuore pulsante della Sardegna produttiva.

di Fulvio Tocco

Non una voce di chi ha vissuto in prima persona la provincia del Medio Campidano, ma quella dei segretari dei partiti politici, dei sindaci, dei sindacati o delle organizzazioni sociali, dovrebbe raccontare la breve esperienza di una provincia da area rurale commissariata nella prima settimana di luglio 2013 per volontà del peggior Governo regionale della Sardegna che ha gettato l'isola nel caos istituzionale incurante delle politiche dello sviluppo territoriale, dei servizi e delle risorse umane che vi hanno lavorato. Ciò è avvenuto anche nell'inadeguatezza della dirigenza sarda del centro sinistra, già messa fuori strada dalla demagogica campagna nazionale, che anziché indicare la via delle riforme della pubblica amministrazione, ha balbettato per mesi senza mai fare una proposta. Non aver preso posizione contro chi ha messo in discussione il sistema delle province, indicate come luogo dello sperpero della pubblica amministrazione, ha di fatto legittimato l'azione del presidente Cappellacci e dei Riformatori che chiedevano agli elettori di votarne l'abolizione. Ciò che rimane ancora incomprensibile, a distanza di tempo, è come sia stato dato quel voto al buio, senza che si conoscesse alcuna ipotesi riorganizzativa della pubblica amministrazione del dopo referendum. L'importante era dare un segnale di ribellione contro la Casta che in quel momento era identificata, chi sa perché, nelle province. Nella rabbia si è andati a seguire l'onda dei "castigatori", senza immaginare che da lì a pochi mesi sarebbe scoppiata la grana delle spese extra dei consiglieri regionali. Ma ormai il danno era fatto. Le forze politiche hanno escluso a priori la possibilità che le province potessero essere riformate e rimodellate per accogliere tutta quella caterva di enti doppione che pesano sulla spesa pubblica; come hanno escluso che questi Enti potessero tornare utili per svolgere funzioni di sviluppo territoriale, con progetti speciali, visto e considerato che il sistema regione, così come impostato, non riesce ad agire rapidamente come le province e i comuni. Come abbiamo ormai costatato, quella visione politica ha prodotto solo caos e nel contempo ha contribuito a paralizzare le politiche territoriali finalizzare alla crescita. Dopo un primo quinquennio di grande collaborazione tra amministratori locali, sindacati e organizzazioni sociali per rendere visibile una delle aree più interessanti della Sardegna produttiva, con l'evento dii nuovi sindaci, il sistema non ha retto allo sconquasso prodotto dal governo Berlusconi e per niente aggiustato dal governo Monti. Per la cronaca, quest'ultimo alla camicia di forza del Patto di stabilità ha aggiunto una serie di tagli improvvisi (a bilanci approvati o predisposti) sino a paralizzare quasi del tutto la funzione delle province nelle opere pubbliche e nei piani finalizzati alla produzione della ricchezza locale, facendo apparire gli amministratori come degli emeriti sprovveduti agli occhi dei cittadini ignari di ciò che stava accadendo. Il Patto di stabilità rimasto incompreso anche da parte dei rappresentanti delle forze sociali e da qualche consigliere provinciale, in malafede, che sino all'ultimo lo considerava un "alibi" della Giunta per evitare di realizzare delle particolari opere pubbliche o per ritardare i finanziamenti alle Proloco. Ma la campagna dissacrante, sostenuta per qualche mese, ha cancellato anche ciò che di buono è stato fatto. Per esempio: i coltellinai di Arbus, io testimone, si son dimenticati del Piano predisposto dalla Provincia del Medio Campidano per valorizzare is arresojas nelle mostre e nelle fiere nazionali ed internazionali; oppure per sostituire con i loro coltelli le targhe e le coppe nelle manifestazioni pubbliche e nelle premiazioni. Per la prima volta, alla mostra ovini di Barumini gli allevatori venivano premiati con i coltelli realizzati dai maestri artigiani del Medio Campidano. I contadini non riuscivano a capire l'arresto del Progetto Vivere la Campagna nonostante la sua indiscussa validità e le giuste coperture finanziarie. Le risorse umane abbandonate allo scoramento per mancanza di chiarezza e per l'inconsistenza di qualche spontaneo "dirigente" che il giorno dopo il referendum strillava "siamo diventati tutti regionali", somministrando inconsapevolmente delle false aspettative e ignorando che quel referendum fu proposto per nascondere gli abusi della casta vera, quella che ha vissuto alle spalle dei sardi senza pensare di abolire i privilegi e senza avere un'idea dello sviluppo nonostante la crisi mordesse l'economia della Sardegna già da qualche anno. Siamo vicini all'abolizione (o mezza abolizione) di un ente che, secondo me andrebbe rimodellato e rafforzato con trasferimenti di deleghe alle attività produttive e predisposto per incorporare da subito, un pezzettino di Regione, gli Enti doppione, i Consorzi industriali e i Consorzi bonifica che, come organizzati stanno dilapidando annualmente il bilancio della Regione avvalendosi maldestramente dello scudo delle cartelle esattoriali che artatamente manda ai consorziati. Anche se la questione non riguarda le nuove province, nazionalmente non si parla più di abolizione delle prefetture mentre si aboliscono le province a metà. Come sempre nelle riforme incompiute, il rischio di rimanere a mezz'aria, con province più leggere, acefale e svuotate di competenze, ma di fatto immortali, non va sottovalutato. Un'assurdità, ci si sbarazza di un luogo di democrazia mentre si mantengono i privilegi di una casta di funzionari pubblici che non ha nessuna funzione a sostegno dello sviluppo locale. Sono convinto, dai dati che ho potuto verificare che l'abolizione delle province non porti ad alcun risparmio. Anzi perdiamo l'occasione, in assenza delle industrie che ci hanno lasciato, per rendere produttivo il territorio l'unica speranza che ci rimane per segnare la politica della ripartenza dell'economia in tempo di globalizzazione esasperata. Non dimentichiamolo il Medio Campidano ha le potenzialità per diventare il cuore pulsante della Sardegna produttiva. Quel sogno non va dissipato.