Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Turandot, effetto kolossal

Fonte: L'Unione Sarda
30 giugno 2014


Teatro Lirico Una bella prova di tutti i cantanti dell'opera eseguita senza il finale 

Le scene di Sciola esaltano la musica di Puccini


P ietre slanciate, intagliate come fossero grattacieli, si stagliano sullo sfondo. Turandot, nel nuovo allestimento del Lirico di Cagliari, ha ritmi intriganti e sovrabbondanza di colori orchestrali. Un gioco di grandi masse sonore che si rispecchiano nella suggestione di una città proibita, dalle bianche mura di pietra che si spostano, disegnando architetture in movimento. Dominano gli impianti scenici di Pinuccio Sciola, a cui riesce la scommessa di mettere insieme modernità e tradizione, con il richiamo ancestrale a un mondo di pietra e quei palazzi scolpiti e spogli, segni di solitudini di tempi recenti, quasi a disegnare lo skyline futurista della Pechino di oggi.
Per il resto domina l'imponenza che crea un impatto da kolossal. Perché in Turandot le musiche di Puccini non hanno la solita cifra intimista. La chiave di lettura della direzione di Giampaolo Bisanti sottolinea che Puccini vive gli stessi anni di Stravinskij, Schönberg, e Berg. Vince in questa edizione un sincretismo musicale che unisce le istanze di quel primo squarcio di '900 alle radici dell'opera italiana. Dove la scelta di fermarsi alla partitura di Puccini, senza il finale scritto da Alfano dopo la morte del maestro, dà un carattere peculiare.
Turandot ha accenti spigolosi e impervi, in cui Maria Billeri riflette il carattere scostante della crudele principessa. È netta la contrapposizione tra la gelida Turandot dagli acuti come spilli e Liù, dolce e delicata, con la bella voce di Maria Katzarava, ricca di espressiva intensità con vibrati morbidi e flessuosi. Calaf, il principe misterioso, condensa il suo fascino in “Nessun dorma!” con quel “all'alba vincerò” emblema di speranza, di chi combatte battaglie all'apparenza impossibili. Un ruolo che Francesco Medda, chiamato da mattina a sera a sostituire l'indisposto Roberto Aronica, interpreta con generosa dignità, propenso a modulare la melodia piuttosto che a forzare nell'emissione.
La direzione di Giampaolo Bisanti districa le linee melodiche ottenendo il meglio dall'orchestra. Bravi il Coro del teatro e le voci bianche del Conservatorio. E gli altri interpreti su cui emerge la figura di Timur, che ha nella voce di Carlo Cigni riflessi cupi e toni ieratici. Resta un finale diverso da quello del libretto. Turandot, gelida e feroce, non ha il tempo di trasformarsi in donna redenta dall'amore e il sipario cala sulla trenodia intonata da Timur in morte di Liù.
Greca Piras