TEATRO LIRICO.
B ollitrice, centrifuga, asciugatrice. E pentolini, barattoli, pennelli, bacinelle e le prove con i frammenti di stoffa e i bagni di sale per fissare il colore. Nella sorprendente fucina del Teatro Lirico di Cagliari, Luisa Impagliazzo mescola e tinge, Katia Loddo dipinge e invecchia le fibre e archivia con foto e schede i costumi di tutti gli allestimenti. È pieno di talenti e di professionalità, il laboratorio diretto con maestria da Beniamino Fadda. Ciò che arriva in scena viene da qui, dalle mani delle sarte che tagliano e cuciono, dall'abilità di chi si occupa del trucco, delle parrucche, delle maschere. Per l'imminente Turandot , Marco Nateri veste i soldati con yuta ocra e corazze a piegoline, la Principessa di gelo con un mantello a più strati, le ancelle in bianco e rosso, il popolo in blu. «Coniugo la tradizione con l'arte contemporanea - dice il costumista - ho evitato le cineserie cercando piuttosto l'astrattezza e la sintesi. Ogni personaggio è analizzato nelle sfumature e valorizzato individualmente ma ciò che mi interessa è la visione complessiva. Rispetto il libretto e le sue indicazioni, non voglio disorientare lo spettatore, anzi voglio essergli di ausilio nella identificazione dei ruoli».
Non si noteranno, da lontano, le impunture accurate, le sovrapposizioni, gli accostamenti cromatici molto meditati del lino spalmato, della seta, del taffetà dei 220 costumi realizzati con i tessuti presi a Prato e poi trasformati dai magnifici artefici che agiscono dietro le quinte. Maestranze messe a dura prova, ma vittoriose, dalle richieste dello scenografo Pinuccio Sciola. Al piano terra del Teatro, già sorge un bianco elemento verticale che sembra fatto in marmo ma è di polistirolo. Scultura svettante che viene replicata all'esterno, perché «voglio abbracciare tutta la città, portare dentro le persone. Non credevo fosse possibile, sono felice. Ho in mente la Pechino di oggi, irta di grattacieli. E quanto all'argomento amore & morte, la perfidia delle donne stimola la creatività e Turandot è la più perfida delle donne». Ovviamente, Pinuccio Sciola non si limita a dare indicazioni. Si aggira in questa sorta di cantiere controllando sicurezza e resa estetica, lodando la bravura di chi monta, issa e imbullona. «Sono persone straordinarie, di altissimo livello tecnico, un autentico patrimonio di cui andare fieri. Con loro sono tranquillo, ho lavorato in piena libertà e in sintonia con tutti».
Stanco e contento, ha trovato anche il tempo di tracciare con una canna intinta nell'inchiostro di china una serie di segni grafici che adombrano, sui pannelli ideati da Sabrina Cuccu, le figure dei protagonisti della Turandot . Quelli sono Ping, Pang e Pong, indica, e quello è Calaf e quell'altro, l'Imperatore e via così. Tracce nere su fondo bianco, quasi delle ombre trasparenti nei piccoli fogli in mostra nel foyer. Sciola questo spazio lo ama, vorrebbe riempirlo tutto: «Sto debordando ? Perché no?».
Alessandra Menesini