Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Sciola al Lirico con una Turandot cinta di pietra

Fonte: L'Unione Sarda
16 giugno 2014


Opera L'atteso debutto a Cagliari venerdì 27 giugno 


S arà cinta di pietra la principessa più crudele della storia del teatro d'opera. E con lei tutto il Lirico. «Voglio che le mie sculture abbraccino gli spettatori», dice Pinuccio Sciola, scenografo di questa attesissima “Turandot” che venerdì 27 alle 21 debutta a Cagliari in un allestimento interamente prodotto nei laboratori scenici di via Sant'Alenixedda. Ed è in questi grandi locali che l'opera prende forma.
Da quando il sovrintendente e direttore artistico Mauro Meli gli ha affidato le scene del capolavoro incompiuto di Puccini, lo scultore di San Sperate ha felicemente occupato il Lirico. Un bianco grattacielo svetta già nel foyer, altre sue opere segneranno gli spazi interni ed esterni, riproponendo le suggestioni del palcoscenico: troppo stretto per le idee del Maestro, che vorrebbe debordare, avvolgere con la sua attualissima Città proibita parte della platea, e con essa, idealmente, tutto il pubblico delle 15 recite, fino al 16 agosto.
Per il momento, realtà e finzione si mischiano con un ordine rigoroso: sono di basalto e di calcare le sculture piccole, che fungono da modello. Falsissime (e per questo più vere) quelle gigantesche. Come il trono dell'imperatore Altoum, le maschere che dominano il palcoscenico, le lastre di polistirolo dipinto, i basamenti di legno e alluminio, a cui lavorano da settimane gli attrezzisti del laboratorio guidato da Andrea Pirarba. Sciola ha imparato a conoscerli uno ad uno, a fare i conti con ciò che si può e ciò che non si può fare. È la prima volta che si cimenta con un'impresa di queste dimensioni. «Avevo fatto alcune cose al Goldoni di Venezia per la Biennale di teatro, ma un'opera lirica è una novità». Eppure - assicura chi lo vede in azione - la sua immedesimazione è stata immediata. «Questo è il luogo in cui le idee si concretizzano, in questo laboratorio prende vita un'opera che non può restare chiusa qui dentro. Qualsiasi scenografia fa parte del contesto urbano, della produzione culturale di una città. Per questo il mio lavoro non può fermarsi al riquadro della scena, ma deve invadere gli spazi. Cerco una nuova monumentalità che trasmetta alla città l'emozione del bianco accecante del lutto. Del resto, turbare non è il compito dell'artista?».
Sciola ci mette le idee, «ma non potrei fare niente senza questi meravigliosi professionisti che stanno lavorando con me. Su tutti Sabrina Cuccu, direttore degli allestimenti scenici, e Antonella Conte, la sua assistente. Questo è uno spazio stupendo, pieno di entusiasmo e di creatività. Vorrei che se ne parlasse di più. Io sono commosso dalla bravura di tutti questi giovani». Poi cita Simon Corder, mago delle luci, e Pier Francesco Maestrini, il regista, con i quali ha trovato un'intesa straordinaria, e Marco Nateri, che firma i costumi. «Ora devo incontrare Bisanti, il direttore d'orchestra». L'opera si chiuderà dopo la morte di Liù, con l'ultima nota di Puccini. Non vedremo il disgelo della principessa crudele. A meno che il Maestro non s'inventi una sorpresa delle sue. Domani, intanto, riabbraccerà l'amico fraterno Philippe Daverio, che racconterà al pubblico la sua Turandot. Appuntamento alle 19 in platea: il foyer è troppo piccolo per lui, proprio come il palcoscenico per Sciola.
Maria Paola Masala