L'INTERVISTA. A Cagliari, da Tel Aviv, l'economista israelo-americano
«L'istruzione chiave fondamentale in tutte le sfide»
Non sarà stato un grande sportivo ma giocare gli è sempre piaciuto. Così tanto che, al centro della sua carriera, ha messo il gioco, quello dell'economia, perché - ci insegna - «certamente l'economia è il classico esempio di gioco con diversi contendenti che tendono, ognuno per sé, a ottenere benefici e non necessariamente a discapito di altri». E si diverte a giocare anche con le parole, mentre spiega i suoi concetti tradotti simultaneamente dall'interprete, Robert Aumann, l'ebreo-americano di origine tedesca, massimo esperto al mondo di “teoria dei giochi”, premio Nobel per l'economia nel 2005, ieri a Cagliari (da Tel Aviv) tra i super ospiti del festival internazionale Leggendo Metropolitano, sesta edizione incentrata su “I giochi dell'essere”.
Prima di salire sul palco del Teatro civico, l'ingegnoso matematico scambia qualche parola con il sindaco Massimo Zedda e sul divanetto in velluto rosso del Comune si sottopone alla raffica di domande, sotto i flash dei fotografi che riprendono il suo viso sorridente, incorniciato da una folta barba bianca e dal kippah, a testimonianza della sua ortodossia nella fede ebraica. E da ebreo ortodosso, ha dato anche il “benvenuto” a papa Francesco in Medio Oriente, definendolo, lui dall'alto dei suoi 84 anni, «bravo ragazzo».
Chissà, forse in questa giornata estiva, più che “giocare” con l'economia avrebbe preferito passeggiare per il capoluogo sardo (è «the first time», unica frase che sfugge alla traduzione simultanea) con la moglie Batya, compagna di viaggio in questa sua prima volta in Sardegna. O, magari, farsi un bagno nel mare di Chia, dove alloggerà sino a domenica. Perché, ammette, «la spiaggia è bellissima e l'acqua calda» e anche un Nobel come lui si lascia incantare da questo “beautiful” paesaggio. Ma tant'è: è dalle ultime mosse della Bce che parte la chiacchierata con Aumann, dal taglio del tasso del denaro che tocca un nuovo minimo storico (0,15%) e dalle “tasse” che le banche dovranno d'ora in poi pagare sul denaro parcheggiato nel forziere della Banca centrale europea. Lui è telegrafico: «Il taglio dei tassi porta generalmente a un incremento dell'economia, è la regola, quindi non posso dire niente di diverso da quello che sostengono i miei colleghi economisti».
Quali le priorità, in un contesto dove la disoccupazione segna, di trimestre in trimestre, nuovi record negativi?
«Disoccupazione e crisi non si risolvono da un giorno all'altro, servono misure a medio e lungo termine. Quel che vedo nel futuro, come chiave di questo gioco, è solo l'istruzione: è fondamentale ampliare le possibilità di istruirsi, offrendo soprattutto ai giovani una preparazione accurata ed elevata per accedere al mondo del lavoro».
Se potesse cosa consiglierebbe al governo italiano?
«Se vivessi in Italia non mi dedicherei alla politica, né accetterei un incarico. Sono stato in Cina, Brasile, Messico, Equador, Francia, Spagna, India e da quando ho ricevuto il Premio tutti mi chiedono ricette magiche: purtroppo sono un teorico e non saprei davvero cosa rispondere. Sicuramente non potrei mai essere Renzi, ne sono certo. Però, ribadisco, che investire in istruzione vale per tutti i Paesi, oggi che l'aumento di lavoro altamente specializzato accomuna il mondo intero».
Applicando la teoria dei giochi come si ottengono risultati?
«Non si vince se i protagonisti del gioco non hanno un incentivo verso il quale lavorare. Lo stesso in economia: nessun progetto potrà andare in porto senza incentivi, che devono essere presenti già nelle leggi e nei programmi. Bisogna ridurre l'inquinamento? Si otterrà un risultato solo riconoscendo a chi ridurrà le emissioni di anidride carbonica, per esempio, una riduzione di tasse e imponendo a chiunque inquini di pagare di più».
Come giudica l'Europa?
«Ci sono tre cose che un'entità sovrannazionale dovrebbe provvedere a regolare: l'onestà, la trasparenza e la concorrenza. Il resto deve essere lasciato alla libera iniziativa dei cittadini, perché un sistema che imponga troppe regole paralizzerà l'economia».
Meglio una partita a scacchi o una lezione all'Università?
«Era il dubbio di un mio allievo: continuare a giocare o terminare il dottorato. Io gli consigliai di continuare con gli studi ed ebbe ottimi risultati. Tuttavia ancora oggi è un bravissimo giocatore di scacchi».
Carla Raggio
La scheda
L'ebreo
matematico
scappato
a New York
Robert Aumann, nato a Francoforte sul Meno nel 1930, è un economista e matematico israeliano. Di famiglia ebraica, si trasferì a New York nel 1938 per sfuggire alle persecuzioni naziste. Professore presso il Centro per lo Studio della razionalità nella Hebrew University di Gerusalemme, è uno dei fondatori del “Center for Game Theory in Economics” presso la Stony Brook University. Laurea in matematica al City College di New York, Aumann conseguì un dottorato nella sua disciplina al Mit di Boston. Come risulta dalla sua home page, si è unito al dipartimento di matematica presso l'Università ebraica di Gerusalemme nel 1956, e da allora è rimasto lì. Nel 2005 ha ricevuto il Premio Nobel per l'economia per il suo contributo alla comprensione del conflitto e della cooperazione attraverso la “teoria dei giochi”, la scienza matematica che cerca di determinare quali azioni potrebbero mettere in campo i giocatori (siano datori di lavoro o partner commerciali) per ottenere il miglior risultato personale. Quanto alla sua vita personale, negli archivi si può leggere che Aumann sposò Esther Schlesinger nel 1955 a Brooklyn. Si erano conosciuti nel 1953, quando Esther, che era di Israele, era in visita negli Stati Uniti. Unione da cui nacquero cinque figli (il più grande è stato ucciso in Libano nel 1982). Esther morì di malattia nel '98. Oggi Aumann ha al suo fianco la sorella vedova della moglie, Batya Cohn, sposata nel 2005.