RIPASCIMENTO.
La Cassazione ribadisce il verdetto della Corte dei conti
Confermata la condanna per Balletto e altri sette
Il ripascimento del Poetto, disastro andato in scena nel 2001 davanti agli sguardi attoniti di tutti i cagliaritani, aveva provocato «un danno patrimoniale» dovuto «all'esecuzione delle opere in difformità dalle prescrizioni contrattuali». Di questo, «non del danno ambientale», i responsabili erano stati chiamati a rispondere davanti alla Corte dei Conti avendo «avallato la violazione di precise norme del capitolato d'appalto le quali, per coniugare la difesa della costa con la salvaguardia dell'aspetto estetico del litorale, avevano posto quale condizione ineludibile l'impiego di materiale il più possibile corrispondente a quello preesistente» in spiaggia. Non era stato fatto e la Provincia aveva subito un grave pregiudizio economico (le spese su materiali, forniture, maestranze e commissioni) ma anche «di immagine e prestigio», del quale si deve chieder conto.
Con questa sentenza, depositata il 21 maggio, le sezioni unite civili della Corte di Cassazione hanno respinto i ricorsi degli “incolpati”, come sono definite le persone a processo, e reso definitive le condanne al risarcimento erariale per 2.870.757 euro nei confronti di otto persone: l'ex presidente della Provincia Sandro Balletto dovrà sborsare 143.528 euro, i direttori dei lavori Salvatore Pistis e Andrea Gardu rispettivamente 574.115 e 430.586, i componenti della commissione scientifica di monitoraggio Andrea Atzeni, Paolo Orrù e Giovanni Serra 191.372 ciascuno, i consulenti della Provincia Paolo Colantoni e Leopoldo Franco 71.765. La sentenza è esecutiva.
Bocciate le tesi degli avvocati difensori secondo i quali la Corte dei Conti non aveva giurisdizione nella vicenda perché chiedeva di risarcire un danno ambientale, «materia del giudice ordinario», e poi Balletto «è già stato assolto definitivamente in sede civile e penale» e comunque «non poteva intervenire direttamente» sull'esecuzione dell'opera, mentre Orrù, Atzeni, Serra e Colantoni «davano solo pareri consultivi». Per la Corte Suprema, invece, la Procura contabile aveva contestato il danno erariale relativo ai costi sostenuti dalla Provincia per un intervento «rivelatosi poi in gran parte inutile», come spiegato nella sentenza di secondo grado, e al danno di immagine (800 mila euro) per la perdita di prestigio dell'ente. «Il «Procuratore», spiega la Cassazione, «ha unicamente agito per il recupero delle perdite finanziarie contabili dell'ente e il ripristino del suo patrimonio». Respinta anche la tesi che proponeva Balletto come semplice politico e dunque privo dei poteri sulla gestione dell'appalto: all'ex presidente della Provincia era contestato «l'omesso controllo e intervento sugli organi tecnici per l'esecuzione dell'appalto». Sull'assoluzione in sede penale e civile, la Corte si è limitata a spiegare che il procedimento contabile «è autonomo», anche quando si parli «dello stesso fatto materiale». Rigettata infine la “carenza di rapporto di servizio” con la Provincia, che farebbe venir meno la possibilità di intervento della Corte dei Conti nei loro confronti, proposta dagli altri incolpati. La Cassazione ha spiegato che tutti erano «temporaneamente inseriti nell'apparato organizzativo» della Provincia.
Il debito è definitivo, la sentenza è esecutiva. Ora la Provincia deve avviare la procedura per ottenere il pagamento (che può essere spontaneo o, in caso contrario, interviene Equitalia) e comunicarne i risultati alla Procura della Corte dei Conti. Si può anche rateizzare. Se non si ottiene il denaro entro dieci anni, tutto cadrà in prescrizione: a quel punto a pagare sarà proprio l'ente pubblico.
Andrea Manunza