Case senza gente - gente senza case
L'abitabilità nella crisi, non è di casa [Mario Salis]
MARIO SALIS
di Mario Salis
E' ritornata alla ribalta, scritta a chiare lettere sugli striscioni dei cortei, disegnata con i caratteri deformati, sulle lenzuola stese dai balconi degli stabili occupati. Urlata a fianco di latte di benzina, agitate minacciosamente da capifamiglia disperati. Denunciata, addirittura perfino strumentalizzata nei disordini di via Barberini nel cuore di Roma il 12 aprile scorso, registrando un bilancio da guerriglia urbana: 40 feriti, uno piuttosto seriamente, con la perdita di tre dita della mano per lo scoppio di un petardo, sei fermati, quattro convalidati. Non sono tornate le streghe, ma la questione casa, sì!
Nulla di nuovo o quasi, Si scrive come ai vecchi tempi: emergenza abitativa, ma soprattutto sfratti, occupazioni abusive, sgomberi forzosi, blocco degli affitti. Lo slogan è dalle metropoli alle università, assediamo le città, l'austerity, il jobs act ed il piano casa, appunto. In via XX settembre, davanti al Ministero dell'Economia, lancio in batteria di arance al grido di: riprendiamoci i palazzi del potere, tafferugli nello struscio di Via Veneto, turisti atterriti si nascondono nei bar ed all'interno degli alberghi, meno abituati dei capitolini a scene del genere. Come spesso accade, le cause più giuste si perdono con il fumo dei lacrimogeni, un agente in borghese sale senza alcun motivo, sull'addome di una ragazza già stesa a terra per proteggersi dalla carica. I gesti violenti prevalgono sulla rappresentazione civile di un disagio sociale, allontanando il consenso piuttosto che promuoverlo. Il disagio sociale, non è uno stato dell'animo, né esclusivamente l'attenuarsi di una coscienza civile. Si discute molto dello stato sociale, un nodo irrisolto, un reduce con tante ferite, del suo primato e della sua difficile convivenza col mercato, dove prima vengono le cose poi seguono i valori del più forte, perché lui si da le regole. Georges Bernaros scrittore francese, autore del diario di un curato di campagna, scriveva: "Le democrazie non possono fare a meno di essere ipocrite più di quanto i dittatori possano fare a meno di essere cinici" L'emergenza abitativa è distribuita a macchia di leopardo sull'intero territorio nazionale, ma a parlarne sono iniziative isolate quasi disperate o manifestazioni come quella dello scorso aprile. E' un indicatore attendibile della sofferenza, che investe classi sociali sempre più ampie. Inadeguata resta l'offerta di abitazioni in locazione, la carenza e la discontinuità di una politica per la casa; condizioni di acquisto ai limiti della costrizione e non della sintesi tra domanda ed offerta. Strumenti finanziari esosi che testimoniano una profonda crisi di reperimento delle risorse. Anche a Cagliari, numerose finanziarie specializzate nell'istruttoria dei mutui edilizi, hanno chiuso i battenti, senza ricollocare il personale. Si tratta di rivedere l'accesso al mercato delle locazioni, la stagione dell'equo canone, del sindacato degli inquilini e dei piccoli proprietari, oggi faticano a trovare punti di riferimento. L'assenza di interventi di recupero dell'immenso patrimonio pubblico, ridotto a livelli di autentico abbandono, l'assenza di progetti per il suo riutilizzo, la sua progressiva dismissione, non sembrano andare in questa direzione. A Cagliari si ricorda una commissione comunale itinerante, impegnata nella ricognizione dei beni provenienti dalla sdemanalizzazione degli insediamenti militari in città, a parte i nominativi, si ricordano i dubbi del loro elaborato. Il movimento cooperativo ha trasformato, snaturandolo per certi versi, l'intrapresa abitativa, riducendo la mutualità, principalmente al solo livello di imprese edilizie. Il piano casa nato sotto il Governo Letta è stato trascritto nell'agenda della nuova compagine alla guida del Paese, attraverso una dote finanziaria di 1 miliardo e 741 milioni di euro. Il decreto convertito in legge, inasprisce le norme per chi occupa abusivamente una casa, destinando maggiori fondi sul versante della morosità incolpevole: il sostegno all'affitto a canone concordato, l'ampliamento dell'offerta di alloggi popolari, lo sviluppo dell'edilizia residenziale sociale. L'emergenza abitativa disegna l'ordito urbano di una città. Il patrimonio edilizio di Cagliari uscì profondamente sconvolto dagli effetti devastanti dei bombardamenti alleati, un'indagine condotta dalla Prefettura di Cagliari annotava su 4500 edifici: 720 erano irreparabilmente distrutti, 540 riportavano danni strutturali mentre 2300 risultavano inabitabili, assommando a 3860 gli immobili da riedificare sostanzialmente, con una compromissione pari all'86% del patrimonio immobiliare cittadino. In Europa la ricostruzione fu un'occasione propizia per un razionale sviluppo del tessuto urbano, in Italia la logica dei piani di ricostruzione varati in nome dell'emergenza, costituì un arretramento rispetto agli strumenti urbanistici preesistenti, che generò una legislazione speciale, eludendo la pianificazione e la razionalizzazione delle trasformazioni territoriali. Si evoca con una certa nostalgia il Piano Casa varato da Fanfani con la legge n 43 del 28 febbraio 1949. Si trattava di intervento per una Italia che usciva dall'ecatombe bellica. Negli ultimi decenni si è sottovalutato che il diritto alla casa, costituisce il fulcro delle politiche di coesione sociale, confidando che l'82% della popolazione è proprietario di una casa di abitazione. Ma un altro elemento per certi versi collaterale e contradditorio del fenomeno, insieme a quello delle seconde case, è non sapere con certezza l'ammontare degli edifici inutilizzati: le case vuote, quelle senza gente. L'Agenzia del Territorio stima gli immobili a disposizione attorno all'11,6% di quelli censiti - riferendosi al 2010 - cioè 5,9 milioni, uno in più di quelli in regime di locazione. Si potrebbe parlare di una sorta di bulimia del cemento, nell'ultimo triennio secondo dati della Commissione Ambiente della Camera son rimasti invenduti 150.000 nuovi edifici. Le aeree urbane nei prossimi 15 anni avranno un'espansione di seicentomila ettari: 75 ettari al giorno, oltre ad inglobare ambienti naturalistici e paesaggistici. C'è chi non a torto, le associazioni ambientaliste, propongono un contingentamento di edificabilità su scala comunale. E' stato un errore cancellare dall'agenda politica la questione casa, il ruolo dell'intervento pubblico. Il mercato che non annovera finalità umanitarie, mostra prezzi insostenibili con la tentazione da crisi finanziaria dei subprime del 2008, quella nata dalla bolla del mercato immobiliare statunitense, con anglicismi seppur incomprensibili ma dalle traduzioni allarmanti: bad bank, mutui tossici. Oggi si è ripristinato il rigore nelle istruttorie, con le finanziarie che svolgevano preliminarmente e principalmente il ruolo di supporto degli istituti di credito, oggi gli uni e gli altri coinvolti, alle prese con una sensibile contrazione dei volumi amministrati, oltre che del contenzioso.
La crescente precarietà del lavoro ha allungato e diversificato il disagio sociale, con fasce di povertà dai confini incerti, imprevedibili ed incombenti, per cui l'opportunità dell'edilizia sovvenzionata deve essere riesaminata. Certamente il Paese è cambiato, l'urgenza è più circoscritta ma evidente, quindi, allo sviluppo sostenibile deve essere riconsiderata la funzione residenziale e di recupero dei centri storici, quartieri museo nella migliore ipotesi o movida notturna che convive conflittuale ed a fatica con i suoi residenti. L'edilizia pubblica non può più essere confinata nelle aeree degradate della periferia, ricettacolo di emarginazione e devianza sociale, teatro di sperimentazione per gli architetti del calcestruzzo armato, a cui non sempre gli hanno dato anima come il celebre pioniere Le Corbusier, al punto che si è dovuto procedere più tardi, a spettacolari abbattimenti per implosione. Anche Cagliari conobbe la stagione trainante, dell'edilizia quale locomotiva dello sviluppo: le case UNRRA - United Nations Relief and Rehabilitation Administration - l'organizzazione delle Nazioni Unite, con sede a Washington, istituita il 9 novembre del 1943 per assistere economicamente e civilmente i Paesi usciti gravemente danneggiati dalla seconda guerra mondiale, e sciolta il 3 dicembre 1947. Se da una parte i fortunati assegnatari trovarono risposta al fabbisogno abitativo non si scrollarono facilmente di dosso l'appellativo dello slang cagliaritano - ita sesi de s'UNRA - con una sola "r". Gli interventi dell'INA - CASA con le sue targhe di ceramica firmata ed una tipologia accettabile, talvolta anche con case a schiera con giardino e parco giochi antistanti. La GESCAL: case per i lavoratori, dominio incontrastato della predominante DC fu la trasformazione del piano INA-CASA fin dal 1963. Acronimo di una certa notorietà, per le omonime e contestate trattenute in busta paga, avvenute regolarmente a carico dei lavoratori fino al 1992. Ma non del tutto estinte, visto che il prelievo permane ancor oggi sotto altra forma di contenitori di imposta. La città cambiò volto e modelli di vita, furono svuotate le sue cavità naturali e di quei sepolcri che conobbero nuova vita, al rientro dopo la guerra, degli sfollati diventati loro malgrado senza tetto, oppure dimora provvisoria di chi dai paesi dell'interno premeva per avere un posto, convinto da subito di com'era bella la città! Diseredati tra il confine dell'avventura e del romanzo, com'era Eugenio spezza catene - una sorta di felliniano ed inoffensivo Zampanò (Anthony Quinn nel film la Strada - 1954) che trascinava l'antica prestanza del suo corpo, insieme alle sue poche masserizie stivate in una carrozzina per bambini anni Quaranta, seguito da una compagna ed un adolescente dai tratti slavi.
Abbandonò finalmente a fine anni Cinquanta, ciò che poteva sembrare un ricovero quasi a cielo aperto, poco più avanti dove oggi sorge l'ingresso della Facoltà di Lettere, appena sotto la discesa che allora era delimitata da un muretto basso. Non si adattò da subito all'alloggio che occupò nei quartieri popolari, sorti alle pendici del colle San Michele. Non si poteva avere incertezza a quale campanello suonare, anche perché venivano subito divelti ed asportati. Il suo balcone era quello incredibilmente annerito, perché continuava ad accendere il fuoco con la legna che raccattava in giro. Ad alcuni ambulatori di presidio sanitario, si affiancarono presto alcune palestre spoglie di pugilato mentre troppo tardi si accorsero di fare la bonifica dei residuati bellici, quando già erano scoppiati nelle mani mutilate di incauti picciocchedusu, allegronisi a pascolo brado nei campi di periferia. Oggi quei quartieri conurbati tra di loro, ancor prima che con la città, che iniziava con il capolinea del tram in piazza San Michele e finiva con l'omonimo cimitero ancora distanziato, sono cambiati, sono più rari ma non esauriti del tutto gli sfondamenti, così si chiamavano le occupazioni abusive, anche se avvengono ancor oggi allo stesso modo. Cinicamente, appena terminato il funerale del suo originario assegnatario non sempre sconosciuto, oppure appena lasciato incustodito l'alloggio per altre ragioni, senza alcun riguardo o giustificazione per chi ha la sfortuna di ammalarsi. Amintore Fanfani, l'economista toscano, ai più rimase noto per il suo ruolo svolto durante il referendum per il divorzio. Dapprima, fu una delle prime vittime designati degli esordienti franchi tiratori, Montanelli gli affibbiò il nomignolo di "rieccolo", alludendo al pupazzo per bambini: Misirizzi, una sorta di Ercolino sempre in piedi della Galbani. Ma a lui si deve, anche se solo nella Costituzione: l'Italia Repubblica democratica fondata sul lavoro. Col suo sottosegretario La Pira, diede attuazione al piano di edilizia popolare. Fu così che i "professorini", Dossetti, la Pira, Moro e Fanfani convinsero De Gasperi ad improntare il modello di sviluppo, dove la casa era un punto fermo insieme al lavoro, tutt'altro che tradizionale e scontato.
In questi ultimi decenni, nelle città per i soggetti interessati, il mercato degli affitti rappresenta il luogo degli estremi che non s'incontrano, generando il paradosso delle case sfitte. A Milano sono oltre 80.000, a Roma 240.000. In Italia 40.000 sono gli alloggi popolari sfitti, le aziende regionali per l'edilizia abitativa - ex istituti autonomi case popolari - per esigenze di bilancio sono più propensi alla dismissione del proprio patrimonio, piuttosto che alla loro manutenzione, mentre quasi 800.000 sono i nuclei familiari in attesa di un'assegnazione, altrettanti 70.000 hanno già ricevuto o vedranno recapitarsi gli avvisi di sfratto. Il Fondo Investimenti per Abitare (Fia), gestito dalla Cassa Depositi e Prestiti vale 2 miliardi di euro, da spendere per la realizzazione di appartamenti in social housing. L'housing sociale consiste nell'offerta di alloggi e servizi abitativi a prezzi contenuti, beneficiari i cittadini con reddito medio basso che non riescono a pagare un affitto o un mutuo sul mercato privato, ma non possono accedere ad un alloggio popolare. L'housing sociale garantisce integrazione sociale e benessere abitativo. Vedremo in futuro, se il piano casa varato dal Governo Renzi, riuscirà a generare processi di ripresa nell'asfittico mercato della casa. Qualche segnale positivo, seppur non condividendolo totalmente, lo intravvedono le stesse organizzazioni di categoria. Le buone notizie le lasciamo al box accanto, su qualcosa che si può fare subito: come l'Abitare Solidale, una forma d'intervento che viene, come si dice, dal basso, coniugando sani principi di coesione e solidarietà sociale. Sul fronte dell'iniziativa delle Regioni e dei Comuni, la Lombardia e Milano con l'Agenzia per la Casa, promuovono accoglienza nei confronti di chi si trova a vivere nel capoluogo lombardo, per periodi più o meno lunghi del proprio percorso formativo o professionale. "Meglio Milano" opera come un'agenzia, ovvero come ente facilitatore nel reperimento di alloggi, in affitto od in condivisione, a prezzi ragionevoli e con regolare contratto di affitto, operando inoltre una selezione a garanzia per la proprietà.
Non si tratta di un'autentica novità, i comuni di Madrid e Barcellona, che accusano gli stessi problemi del mercato degli affitti, funzionano da garanti tra il proprietario e l'inquilino: in caso di morosità e danni ingenti inferti all'appartamento, interviene una polizza assicurativa, il proprietario deve però sottoporsi a maggiori controlli sull'abitabilità e sulle condizioni dell'immobile, con un'offerta al di sotto dei prezzi di mercato, registrando il contratto ed assolvendo agli obblighi fiscali. "Le mani sulla Città" del 1963, di Francesco Rosi, è un film di impegno civile sulla speculazione edilizia degli anni Sessanta a Napoli. Rod Steiger l'attore protagonista nei panni di uno spregiudicato impresario definisce l'edilizia, ma solo ieri: l'oro di oggi. "E chi te lo dà? Il commercio? L'industria? L'avvenire industriale del Mezzogiorno, sì! Investili i tuoi soldi in una fabbrica: sindacati, rivendicazioni, scioperi, cassa malattia. Ti fanno venire l'infarto cu sti' cose" La casa resta un bene complesso che abita nel mercato con vicende alterne, ma anche un servizio ed un diritto, su cui occorre metter mano sistematicamente, come una periodica manutenzione, da tradurre in termini di salvaguardia sociale e di civiltà contrattuale, nella sua accezione più ampia.
Il film di Rosi, come altre sue pellicole, destò interesse e scalpore, che non gli impedirono di riscuotere successo ed ambiti premi di riconoscimento: un Leone d'oro ed una nomination per il Nastro d'Argento. Alcuni suoi fotogrammi appaiono con Peppino Impastato, nel corso de I Cento Passi. Oggi è tra i 100 film da salvare.
Nella sua prima a Napoli, fu proiettato nella suggestiva cornice del Maschio Angioino: tra il pubblico plaudente, entusiasta in prima fila: Antonio Gava, esponente del Grande Centro Doroteo della DC: potente tra gli uomini più influenti della Democrazia Cristiana, noto con l'appellativo partenopeo "oh viceré!" Ma nessun legame di sangue con i Borbone.