Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

«È un'aggressione, un massacro che va fermato»

Fonte: L'Unione Sarda
12 gennaio 2009

Il palestinese
Proposte di pace da Cagliari a Gaza
Alle 16 un corteo da piazza Garibaldi: opinioni a confronto

Un corteo per fermare quella che «non è una guerra ma un'aggressione, un massacro»: l'appuntamento è alle 16 in piazza Garibaldi, l'iniziativa è dell'associazione per l'amicizia Sardegna-Palestina e della comunità palestinese in Sardegna. Fawzi Ismail, radiologo, 48 anni, da 28 a Cagliari, appartiene a entrambe: «Mi sento sardo a tutti gli effetti - spiega - ma resto legato alla mia terra d'origine». È nato a Beit Noba, un villaggio a nordovest di Gerusalemme che non esiste più: «Occupato dall'esercito israeliano nel 1967, durante la Guerra dei sei giorni, è stato raso al suolo insieme ai villaggi di Yalo e di Emuas, la Emmaus dei cristiani. Al loro posto c'è un parco. Sono uno dei cinque milioni di profughi palestinesi costretti, da 41 anni, a vivere fuori dalle loro case: la mia famiglia è finita in un campo profughi in Giordania. Io nel 1980 sono venuto qui per studiare, ci sono rimasto e ci ho messo su famiglia. Ma mio padre è ancora lì: voglio che abbia il diritto di tornare nella sua casa».
Per Fawzi Ismail, per capire l'orrore di questi giorni bisogna tornare al 1948, alla nascita di Israele: «Uno Stato nato col consenso delle potenze occidentali che, dopo l'Olocausto e la II Guerra mondiale, volevano lavarsi le coscienze e l'hanno fatto a nostre spese, consentendo agli israeliani di cacciarci dalle nostre case e di occuparle. Consiglio a tutti il libro Pulizia etnica in Palestina , dello storico (si badi bene) israeliano Ilan Pappe (edizioni Fazi, ndr) . Il popolo palestinese da sessant'anni vive sotto un'occupazione militare e, in virtù di leggi razziali, non gode degli stessi diritti degli ebrei. L'occupazione è l'azione da cui dipendono tutte le reazioni di questi anni, ma in Occidente, si tende a dimenticarsene».
Con la Guerra dei sei giorni, Israele ha occupato anche la Cisgiordania, la Striscia di Gaza, le alture del Golan e il Sinai (poi restituito all'Egitto: «Fu una deportazione. I campi profughi sono 49: alle tende, negli anni, si sono sostituite le baracche, poi le casupole tirate su a blocchetti. Le aree sono rimaste invariate: si è costruito in altezza, attorno a strade larghe un metro e mezzo. Campi di concentramento, in pratica. Vuole avere un'idea della Striscia di Gaza? Immagini un milione e mezzo di persone, l'intera popolazione sarda, di cui la metà bambini, costretti (da invasori armati) a vivere su una striscia larga 10 chilometri e lunga più o meno da Marina Piccola a Torre delle Stelle. Non possono entrare cibo o farmaci: negli ultimi due anni sono morti in 286 per mancanza di medicinali. Lì Israele lancia le sue bombe e ha scatenato il suo potentissimo esercito».
Da lì, però, Hamas tira i missili: «Non è stato Hamas, che peraltro (piaccia o meno) è un movimento democraticamente eletto, a rompere la tregua: il 3 novembre, a Gaza, Israele ha fatto un raid aereo. Ma poi guardi le cifre: più di 700 morti e 3.500 feriti fra i palestinesi. Se ti do uno schiaffo tu hai diritto di uccidermi?»
Ismail non è contrario all'esistenza dello Stato di Israele: «È stato un errore, ma ormai c'è. Credo che a questo punto dovrebbe trasformarsi in uno Stato in cui ebrei e palestinesi abbiano gli stessi diritti. Io non confondo certo gli ebrei con lo Stato israeliano: è una sciocchezza la proposta di quel sindacato di commercianti romani di boicottare i negozi degli ebrei. Gli ebrei, però, si dissocino da un'azione come quella che Israele sta compiendo in questi giorni. È un'aggressione, un massacro che deve cessare subito». (m. n.)

10/01/2009