Duecento beni confiscati alla criminalità nell'Isola. L'ultimo: megavilla alla periferia di Villamar
Vogliono mettere fuorilegge la povertà, cancellare la miseria. Non inseguendo l'utopia ma costringendo le istituzioni, i governi, a prendere di petto l'emergenza. «Perché di questo si tratta, di allarme vero». Giuseppe De Marzo, coordinatore nazionale di Libera e del Gruppo Abele, parla con i numeri, le cifre drammatiche che per don Luigi Ciotti, il fondatore delle associazioni di volontariato ideatrici della campagna “Miseria Ladra” (presentata ieri pomeriggio al Palazzo Viceregio), non possono essere ascoltate con superficialità e distacco «proprio perché dietro ci sono volti, ci sono uomini e donne. Persone».
LE CIFRE Racconta, De Marzo, di nove milioni e mezzo di esseri umani in povertà relativa e cinque milioni in povertà assoluta. Dati Istat del 2012 riferiti all'Italia e che in Sardegna diventano ancor più allarmanti. «I poveri, nell'Isola, sono 300 mila», ricorda il presidente di Sardegna Solidale, Gian Piero Farru, riportando una ricerca del centro studi della Fondazione Zancan che da oltre quarant'anni opera nell'ambito delle politiche sociali e sanitarie.
LE REGOLE «Per combattere il fenomeno della povertà - sostengono le associazioni di “Miseria Ladra” - bisogna ricostituire e anzi aumentare il fondo sociale, fare una moratoria sui crediti del sistema bancario, valorizzare l'agricoltura sociale e le cosiddette filiere ecologiche, risanare il dissesto idrogeologico, investire nella ricorversione industriale e sospendere gli sfratti esecutivi per i più bisognosi». Che in Italia sono ben 400 mila. «Di cui 350 mila sono riconducibili a morosità incolpevole», precisa De Marzo. Mentre in Sardegna alla morosità sugli affitti della casa si sono aggiunti, in questi anni, gli ormai famigerati debiti con le banche per gli interventi di miglioramento fatti dalle imprese agricole e zootecniche su precise indicazioni della Regione (la legge era la 44 del 1988).
I PUNTI Sono dieci, in effetti, le misure individuate da Libera-Gruppo Abele per rendere illegale la povertà. Intanto garantire l'accesso ai servizi socio-sanitari per i senza dimora assicurando, come nel caso degli immigrati, la residenza presso i Municipi. Poi, introdurre il reddito minimo di cittadinanza per sostenere il lavoro, riportare in ambito pubblico i servizi essenziali di base e di difesa dei beni comuni. «Ma anche - precisa De Marzo - destinare il patrimonio immobiliare sfitto delle città e quello confiscato alle attività criminali e alla mafia, ai più bisognosi e a un uso sociale».
I SEQUESTRI E beni confiscati, in Italia, ce ne sono eccome. «Undicimila», che però non sono ancora gestiti, affidati. A fronte dei 200 della Sardegna. A cominciare dal campeggio di Gergei diventato campo di volontariato e luogo d'aggregazione grazie alla manifestazione EstateLiberi sempre promossa da Sardegna solidale e Libera. L'attesa, ora, è per l'ultimo caso di confisca. Si tratta di una megacasa alla periferia di Villamar i sui sigilli sono già stati imposti dal pubblico ministero Paolo De Angelis, mentre si attende la convalida da parte del gip. A svelarlo è stato ieri Giampiero Farru durante la conferenza di presentazione di Miseria Ladra. «Nell'Isola i beni sequestrati alla mafia sono soprattutto abitazioni, terreni, piccole aziende, barche e qualche macchina».
IL LAVORO Nove mesi dopo un lungo e complesso lavoro in giro per l'Italia, la campagna di Libera e del Gruppo Abele è dunque sbarcata in Sardegna. «Al nostro progetto - spiega Giuseppe De Marzo - hanno aderito ottocento realtà fra organizzazioni di volontariato e associazioni. Davanti alla realtà drammatica delle povertà abbiamo il dovere di intervenire. Intanto liberandoci dalle politiche di austerity europee che hanno soltanto favorito le banche. Quando diciamo che bisogna rinegoziare il debito pubblico, ci riferiamo proprio a questo, all'indebitamento fatto per salvare le banche dal fallimento, mentre la povertà ha continuato a crescere. «Dalla povertà e dalla precarietà che stanno attanagliando Italia, sono le mafie a trarre i maggiori benefici. Sono bel 54 i clan impegnati in attività di riciclaggio e usura. Secondo l'ultimo rapporto di Legambiente sulle ecomafie, per esempio, sono 93,5 i crimini che vengono ogni giorno consumati contro l'ambiente. E sono aumentati, nell'ultimo triennio, del 170 per cento. «Criminalità organizzata, corruzione e distruzione ambientale si rafforzano - dice Giampiero Farru - a discapito dei diritti, della coesione sociale, della partecipazione. Quando la gente ha perso il lavoro ed è disperata, come può sentirsi vicina ai nostri governanti se questi godono di vitalizzi e pensioni che si accumulano spudoratamente?».
Andrea Piras